Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

672 A.· Palcizzeschi che parl8111dlomrungia1ndoo bevendo, mostrano per il collo, sotto la gola, una cer'ta cosa che va in su e in giù, ma che poi,- a oolilti fatti, finisce per lil0IIl andare né in •SU né ID giù e resta sempre lì a mezzo? Certulili chiamruno quella cosa il pomo di Adamo; ,può darsi; altri lil0IIlso nemmeno io oome usino chiamarlla; ma può sembrare vera– mente un pomo, e, a .seconda dei casi, un fico verdino .... una ci– liegia .... ullla lilocciuola.... Io non posso dire di av:erci un pomo pro– priamente; sarebbe troppo; ma un pisellIDo, 1lill pisellino oorto, un piseillino rimasto li, e che il bell' Alfredo mi ci ha depositato oolla sua voce ililsinuante : « mi darete di più)). C'erano tre specie di serate ID quellla casa. Le serwte di famiglia: s'i giuocav,a a tombola nel salotto da pra,nzo. Le seratIDe : conversazione e mU 1sicafa:ip.iliare lilel salotto buono; qualche giuooo di sala per finire. Sulla consolle nera, ai lati delilo .specchio, erano accesi due gmndi lumi a petrolio, coi globi opachi, e in mezzo ad essi, strette ilil un fascio, le médailles dJu pape, come cuori di colombe, palpi– tavamo ad ogni passo; Ulilterzo lume a petrollio più piccolo, sopra Ulllamensoletta in Ulllangolo, rischiarava dall'alt10 il circolo dei con– versanti ; a lato della porta il puttilllo del Pampaloni, inginocchiato sul mistioo cuscino, pareva implora,re dal Sigìllore pace e gioia per tutta la compagnia; e all'altro lato, su Ulnacolonna uguale, era Ulil grande mazzo di poone di pav,one dle:ntro UIIl vaso turoo di gesso; due caind,elleerano accese lilei viticci del pianoforte e le altre due rim811levanospente. E c'erwno, infine, le grandi serate, due volte alil'armo; coi lumi a petrolio sopra la consolle, quello nell'aJI1golo rimalileva ;spento, ilil mezzo la lumiera di vet:r,oillluminata a cera, dodici candele, e quat– tro crundele al piaJI1oforte che assumeva solennità d'altare. Se io poi, povero bambinello; non avessi avuto sufficiente spirito di osservazione per accorgermi cogÌi occhi di tutte queste rispetta– bili dHfereinze, UIIl processo tat~ile infallibile mi avrebbe portato aid acoorgermene uguaJlment,e. Dovete sapere che· per tutta la fanciullezza, e fino a giovililezza illloltrata, la mia faccia fu di ulll J?allore piuttosto ililteinso, oosa che fil,On piaceva troppo a mia madre; pure sapendò non dipendere quel colore da cattiva ,salute o difetto di costituzione, e che lasciava me indifferente tanto da IIlOIIl poterne arrossire per la vergogna; ma alil· drundo in quella casa, prima di uscire aggiustandomi il vestito ila goletta o il fiocco, e financo per le scale, per farmi d!iventar.rosso mi allungava certi suoi pizzìootti sulle guwnoo, forse perché lilOIIl scomparissi in0oliltrwndo fanciulli 1 001 viso rosso o mooo pallido del"" mio, e per non s0oniparire alllch~essa. Ora accaideva che, andallldo BibliotecaGino Bianco ,I

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