Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930
Lettera a Luigi Lodi 739 riera di professore, per essere temuto dai colleghi e dai superiori. È d'allora la massima che il giornalismo porta a tutto, a patto d'uscirne. No, per noi fu giornalista soltanto lo scrittore capace di anteporre al– l'interesse proprio, alla propria tranquillità e alla propria rinomanza, la fama e la fortuna del giornale in cui scrive; di amare più di sé stesso i propri ,lettori; di scrivere per loro, e non per i colleghi; di vivere giorno per giorno, ora per ora, con l'intelligenza, gli occhi, gli orecchi tesi a cogliere l'attimo che passa; di far consistere, se è un cronista, la propria felicità nello scoprire ogni mattina qualche cosa di nuovo e d'inedito, di presentarlo nel modo più rapido e colorito e, davanti a un morto prima di piangere, nèl pieno d'una festa prima di divertirsi, capace ùi pensare a quel che ne dovrà subito scrivere, per fare il giorno dòpo piangere o ridere i suoi lettori; capace d'avere ogni giorno, se è un direttore, un'idea migliore di quella clel giorno avf1nti, migliore anche per la semplice ragione che quella di ieri è ormai inutile; se è un critico, -ascoltando una commedia, guardando un quadro, leggendo un libro, capace di non badare solo ai propri affetti e al proprio giudizio e a quello dei commediografi, dei pittori, degli scrittori, ma anche agli affetti e al giudizio del pubblico attorno a 'lui, e non solo per correggere o per approvare questo giudizio ma anche per fare la cronaca e la storia , del- gusto, cronaca e storia ignorate dai critici e dai professori che scrivono solo nei libri; capace infine, se è uno scrittore d'articoli, di far dimenticare ogni giorno l'articolo che ha scritto il giorno prima o la settimana prima, scrivendone un altro più nuovo e più vivo e attuale, perché non ha animo di giornalista chi s'affida al suo articolo di ieri. E chi ne vuol sapere di più, e da uno più giovane di me, si legga la prefazione d'un altro libro uscito da pochi di, Questo mestieraccio, e scritto da Paolo Mmlelli, un giornalista, per nervo di parola e agilità di stile, ammirabile. Molti adesso .hanno giustamente rivendicato all'articolo di giornale la dignità letteraria: tra i più recenti rivendicatori, e con più diritto , di altri, ··Antonio Baldini. Se be;n ricordo, fin nel Petrarca de!le Epi– stole egli è andato a trovarci un antenato, e ha ragione perché anche li spesso si tratta dei « fatti del giorno». Ma il Petrarca si sceglieva gli argomenti; e in questo, alnterio in questo, egli non era giornalista, perché al giornalista l'argomento è imposto da-Ila cronaca, e in un gior– nale ben fatto nemmeno in terza pagina una riga dovrebbe apparire che non fosse legata a un fatto recente e recentissimo, magari a un fatto che il giornale e il giornalista preferirebbero di tacere ai lettori. Collaboravo già da qualche mes~ al Corriere della Sera quando conobbi Eugenio To– relli Viollier. S'era, credo, nel 1899. Il Torelli era ve!}uto a Roma per convincere Domenico Oliva, deputato al Parlamento e direttore politico del Corriere, a parlare alla Camera contro il disegno di legge del generale Pelloux sulla stampa. L'Oliva per disciplina di partito non acconsenti, e Torelli nominò direttore anche politico del Corriere Luigi Albertini che da ·più d'un anno era l'anima del giornale. Quel giorno in un sa– lotto del vecchio Albergo di Roma a San Carlo al Corso, dai mobili di legno nero coperti di velluto rosso come nelle sale d'aspetto di prima classe, Eugenio Torelli Viollier, adirato per quel rifiuto, s'apri a me BibHotecaGino Bianc
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