Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

Inverno di malato 735 L'·austriaco obbedì. Nudo, Girolamo rabbrividì; troppa colllfu– sione era nella sua mente, perché .gli fosse possibile pensare; gli pa– reva di essere anlllientato e al di là di _questa amara sensazione di lllullità nolll sa;peva amdare. Intamto il pcr:·ofessoresi era chi!Ilato, e, tutto accigliato, toccava con quelle sue mani palllide e tozze il ginoc– chio malato. Girolami,o lo guardava, e gli pareva di ,non essere più che Ullloorpo sooza volontà e senza intelligenza. Poi il professore si alzò : - Mi faccia vedere le radiografie, - disse all'·assistente. <CQstuiaveva un fascio di buste metalliche sotto il braccio. Ne trasse le tre fotografie del ginocchio di Girolamo e le porse al chi– rurgo, che mettoodole oontro luoe le scrutò a lungo oonfrontandole. La prima di queste fotografie mostrava, sopra un fondo nero, il {IlU– cleo biancastro, formato dalla r•otula e dalla oo!Ilgiunzione del fe– more oon la tibia, tutto an!Ilebbiato e deformato; nella seconda ne– gativa questo ,ammebbiamento, questa deformazione erano già rim– picciolite e circoscritte da un orlo oscuro; ma neilla terza radiografia la lllebulosità e la deformazioille erano le .stesse della 1prima, anzi sem– mai parevano leggermente aumentate. Il professore rese le foto– grafie all'assistente e si voltò verso il ragazzo. - Lei, - pronu111ziò,- è tornato allle stesse collldiziollli nelle quali si trovava quando arrivò qui al sanatorio .... È contento? - Come, quali co!Ildizioni? - incominciò il ragazzo; ma l'altro lo interruppe : - Pensi, - disse, - a guarire .... Io, se fossi al suo posto, lllOlll prenderei così sottogamba la sua malattia ... ; e ora vada a fare Ila cura .... J oseph, lo metta fuori sulla terrazza; - e senza aspettar la risposta di Girollamo, seguito dall'assistente, il medico uscì. J oseph spalwcò la :finestra, diede al ragazzo gli oochiali a:ffu- mfoati e il pannolilllo per- il ventre, tolse via deil tutto le coperte, poi con pochi strattollli delle sue braccia robuste tirò il letto .suUa ter– razza. In un atteggiamento vergog,noso, Illudo, ramnicchiato sopra quel suo mMerasso, il ragazzo si trovò aJd un tratto all'aria aperta. Faceva freddo, era molto se il sole gioioso e limpido che mondava di luce la terrazza impediva di gelare. Altri 11etti,coi loro bruni oorpi distesi sulle [enzuola accecanti, stavamo già esposti al sole, persino le piaghe, le fistole, gli ascessi che qua e là deformavano quellle mem– bra inerti, parevano meno ripugnalilti nella bella luce del mattino in– vemale. Alcuni di questi malati leggevano, aJltri giaoevamo supini senza far nulla, immobili come morti, a,ltri wcora, laiggiù in fondo alla terrazza, avevano messo in movimento U!Il loro grammofon_o, se ne udivamo a intervalli, portati dal vento, i suoo.i facili e discordi. La •giornata nolll avrebbe potuto certo esser più spilendida : fin dove l'occhio poteva arrivare, si vedevano co!Il1Uettezza,contro quel cielo duro e limpiido, i picchi accidentati e nevosi delle montagne che fa– cevamo corona intorno la, valle, le foreste di abeti erruno tutte impol- BibhotecaGino Bianco

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