Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

732 A. Moravia fermò -se nolll quando si sentì estenuato, e non ci fu ,più nulla da distruggere. Allora si acoorse con stupore che quell'ululato della ,sirena, e queiIJfo scalpiccio giù ,per la scala erruno ,cessa.ti, e che, d'altra parte, né il crepitio, né le fiamme, né il fumo, né alcun altro ins,omma dei funesti segni dell'incendio er3Jllo venuti a turbare la traillquillità della sua stanza. E ad un tmtto capì la verità : oon ogni probabilità; s',era appiccato il fuooo a quaJlche fienile, e quella gente c·he scendeva la scala non oorreva per s~lvarsi, bensì inv,ec,e,per andare ad ammi– rare lo spettacolo insolito di un incendio, su quella neve, nel cuor della notte invernale. Dal sollievo g1liocchi gli si empi:rmo di lagrime, poi vide i rot– tami ,dei piatti, là, sul rpavimento, si ricordò di quei suoi contorci– menti, di quelle ,sue lillaledizioni di poc'anzi, e un'tmprovvisa, intol– lerabile vergogna di se stesso l'invase. L'esser giunto :Lnquell'ist3Jllte di .smarrimento a maledire la bambina che sapeva di aver offeso, gili parve il seg1I1-o più chiaro di l}[l'oscurità nella quale senza acoorger– sene s'era da tempo la.sciato crudere. « Avrei davvero 1IDeritatodi mo– rire)), ·pensò con convi1I1zio1I1e. Si •sentiva pieno di ,pentimento e di buollli propositi, avrebbe voluto poter camminare per andar dalla sua piocola aimica e dom3Jlldarle d[ perdo1I1ar lo ; pensò anche per un istainte di promettere solen1I1emootedi sposare la bambina ap– pena si fosse fatta donna, ma -abbando1I1ò subito questo progetto per la sua evidente assurdità. Gtli pareva di essere l'ultimo degli uomini e il più malvagio, l'idea che il pro;fessore il gior1I1-o dopo l'avrebbe scacciato dal s3Jllatorio, no111 lo spavootava più, gli recava anzi una specie di sollievo; <(me lo .merito)), ,pensò. Ora quell'umiliazio1I1e, quel ddspr,ezzo, quell'inferiorità alle quali andava incontro gli pa– revano desiderabili, gli piaceva di iilllillaginarsi pulilito con ,giusti– zia, pensava che illl tal modo, attraverso questi !Iluovi ,patim~mti, si sarebbe alfime liberato di quella specie dì oscura rrubbia che gli pe– sava addosso da quella sera iill cui per la prima volta •aveva baciato la rrugazzetta, e .avrebbe potuto COIIl animo placato rivolgere il pen– si-ero alla gua.rigiolile. Questa idea che il giorno dopo qiualchedl}[lo l'avrebbe ,punito con giusta severità e COIIl pien0 diritto gli ispirava una fiducia, UIIlatr3Jllquillità illi:initate; fu d'unque con 1}[10 stato d'a,nimo molto simile a quello di U!Il bimbo che, dopo u1I1-o sparvento o qualche capriccio, si addormenta tra le braccia di sua madre, che, chiusi gli occhi, passò daJl.o stato di veglia aJl,so1I1no. Fu destato a mattino inoltrato da un raggio di sole no111 caldo ma ,straord:i!Ilariamente limpido e rutilante che, passando sotto 1'3Jll– golo della :finestra, veniva a battere su tutta quella parte delil.a stanza dove era situato il ·suo letto. Aprì gli oochi e il primo ,pen– siero fu di gioia per la bella giornata ; « che splendido cielo az~ zurro )), pensò guardando alila finestr,a restata ruperta dalla sera Biblioteca Gino Bianco ,

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