Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

Inverno di malato 727 questi figli di prupà sono tutti eguali, lil-O!Il pensano che a loro stessi..., che poi gli altri abbiano a soffrire [e co111seguenwdelle loro stupidaggÌIIli, cosa importa loro ? son cose che non li riguardano .... - Ma cosa c'entra Joseph con quello che io faccio, - incO,IDÌIIlciò Girolrumo a cui la freddezza dei due uomini faceva perdere la testa; -- io posso fare quello che voglio .... Il Brambilla che riuniva oerti giornali si votltò: - Ma stia zitto, -- interruppe, - si vergogni. .. ; - poi., rivolgendosi all'infermiere : - allora, - disse, - possiamo anche a,ndare. Joseph spalancò la porta, si chÌIIlò, e caricò sulle spalle il bau– lletto: - Del resto, - disse al ragazzo prima di uscire, - lileppure ilei, ,si,gnor Girolamo, la passerà cosi liscia ...., il signor professore è arrabbiatissimo ... , sentirà domattina. Girolamo affidava ormai le sue ultime sperrun~ agli addii del com– messo. Quel riserbo, quella riprovazione dei due uomini l'avevano riempito di Ull1 tale acuto senso di col,pevollezza, era cosi convinto della propria Ìllldegnità; che, ÌIIlquel momento, un movimento affet– tuoso del suo compagno di strunza l'avrehbe certo commosso mo ialle lagrime, come il -segno di una bon:tà quasi sovrumana. Guardava perciò il BralllbiHa con occhi ansiosi: « quasi nove mesi passati in– sieme)), pepsava, « 1110n dovremmo forse abbracciarci ? >>. Ma il Brambillla che aveva finito di radunare la sua roba era già più vicino alla porta che al suo lletto. - - Mi pare di non lasci-are nulla, - disse a.l: fi.nc dalla soglia, gi– ra,ndo per la stanza già piena della penombra del crepuscolo, U1110 sguardo scrutatore. lll ragazzo lo vide esitare, quindi aprir l'uscio. - Allora arrivederci e aug11fi, - arrivò improvvisamente a Gi– rolamo dall'ombra che avvolgeva la soglia. Egli avrebbe voluto al– ~arsi sul letto, dir qualchecosa, ma non 111ebbe il tempo; la portia era già chiusa. La, notte era intanto caduta deil tutto, un'ombra 1J1era interrotta soltanto dal biancore confuso delle lenzuola rovesciate del letto del Brrun billa riempiva la stanza. Per U111 poco il ragazzo restò immo– bile ascoltrundo avidamente i r11mori che giungevano dal['estemo; udi cosi il tintinnio dei sonagli della slitta che portava via il com– messo aJ1ontooarsi ,nella notte gelata e poi morire affatto, udi anche l'uscio del1la stanza attigua sbattere, e qualchedU1110 parlare; a que– sto punto u:n brivido di freddo, probabilmente originato dalla feb– bre, percorse il suo corpo ; macchinalmente egli si ramnicchiò come poteva e tirò fin sopra le orecchie le coltri in disordine. Tutto quello che l'infermiere, con quel suo to1J10 osc:µro e d'isgu– stafo, g li aveva dett-0 a proposito della sua piccoila rumica, ora gli torna.va ÌIIl mente C-O!Il quella intensità che dà ogni stato febbrile. L 'id€a che la bambina avesse delirato tuJtta la notte gli inspirò dap- ibliòtecaGino B anca

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