Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

568 G. Alvaro stalla dov'era la mula, non si sa chi, all'a,lba. - E la mula? - Bruciata! Ohe il morbo bruci chi è stato. - Aveva i crupelli grigi sparsi su ,per le spalle come stoppini di un lume spento. - Questa è la rovina, questa è [a fine per davvero. - Ohi poteva essere struto ? O non era troppo facile indovi:narlo ? Glielo aveva detto .tamte volte di 1110111 mooar vanto del figlio e di non gloriarsi dell'avvenire, perché l'invidia- ha gli oochi e la fortuna è cieca. Signore Iddio com'è fatta la gente! che non può vediere un po' di bene a 111essuno,e' runche se 1110111 hrunno bisogno di nulla invidiano ill pane che si mangia e le speranze che vengono su. Ella se lo im - maginava chi poteva essere. Cominciò a darsi dei pugni sulla bocca come per coovi111cersia stare zitta, iperché l' Allldreuccio, il Peppino e il Trtta, con quelle facce gialle, stavaJno seduti davanti al ,municipio con le sedie poggiate al mur-o, e dondolavano le · gambe : che si dondolass·ero in bocca al dli.avolo. Si, che si dondo– [assero e la madre no111 li riconoscesse, si do111dolasseroa una forca, e 111essu,no ce li volesse staccare. - Volete star zitta,, sign-om mia? Ohé, que.sta è la fine del mondo ? Ohé, non ci. si .può rifare ? Sol– tanto chi è morto ha finito. Noialtri rubbiamo la pelle dura da affilarci il rasoio. - O che vi accade, Argirò ? - lil Titta aveva un sorriso canzo111atorioa fior di labbra, e i fratelli gli si 111aisoo111- devano dietro [e spalle per 111,on ridere. - La Rosa ? La vostra Ro– ,sill 1a ? - Ohe glie le spargano adidosso le rosine il giorno della loro ipr-ossima.mo -rte a chi è ,sta,to. ~ Volete sfar zitta, sign,òm mog lie ? Questo è il nostro destino, signor Allldreuccio. - Ma voi ce li ·avete 'sempre i soldi sotto il matto111e, lo giurù-ei. Voi non vi avviHte per tanto poco. - Ohe mettruno sotto il mattone chi dico io. - Zitta, si,gm,oramoglie. QuMJ.to1a fute 1unga. :m ,lo stesso che sputare in cielo. Chi vi dà retta ? :È un modo di ,pregare que– ,sto? - Voltrundo le sipalle soo.tir,ono che davanti alla soglia del municipio si cantava a squarciagola. La sera era brutta e fosca, coi segni del temporale imminente. Prometteva tant'acqua da s ommer gere il grano appena verde, il ciel-Odivooiva rosso di fuoco oo.me al mese di settembre. In questo paese runche 11apioggia è ne mica. O non ci si accosta ,per mesi o si rovescia da tutte le cateratte. Verso la 111otte cominciò a piovere, seguitò per più giorni come per dire all'Argirò c'he, runche ad aver-e la mula-, i torrenti eram.o troppo grossi e non si potevano fare viaggi. Pareva che avrebbe piovuto sempre, ed egli non soo– tiva tanto il suo dolore, attento a guardare oome U111 ebete le righe _della pioggia come un carcerato le sbarre della sua pri,gi0111e. I111 - vece si levò il sipario deille nubi, e la, terra apparve fresca, pulita, apparecchiata, che si distinguevano perfino gli ,stazzi ÌIIl montagna. Allora si ricordò meglio dlel male che gli avevruno fatto e gli tornò a dolere. Sedluta presso la ce1J1ere del focolare, che nemmeno aveva BibfiotecaGino Bianco

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