Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930
558 O. Alvaro sorvegliante ai lavori e miise insieme un poco di dooaro. Con questo poosò ,subito a comperare qualche cosa che gli servisse per un suo llluovo mestiere. Comperò una muJla e si mise a fare servizio di tra– sporto fra il ,p•aesee il :mare, fomiendlo ai bottegai le merci che comperavano lllegli empori della marina., e a chiunque ser,vissero. Ora 00.minciava a respirare e la moglie 1I1on3Jlldava più a servire di qua e di là. Certo, le donne che ullla volta erano mallldate a. ca– rovane per le forniture, in mancamza di bestie, ,si lagnavMlo che quella mula avesse tolto iloro un mestiere. , L'Argirò fece il passo del virundante e là foocia dell'uomo che vede paesi diversi. Se llle andava cruntando e d:ioendo proverbi, non parlava che a ,sentenze, e talvolta diceva p,ensieri rimati. Faceva tutte le mattillle la straida fra il paiese e il mare, venti chilometri attraverso i torrenti e i boschi che sono brutti ·d'inverno, quM1do scendono im1p,rov"1"ise Il piooe, e i fulmini solcruno ,gli alberi che li aspettano alti levati; ·partiva alle quattro d,el ,mattino e tornava la sera alle quattro; dodici ore in cui si illltr,atteneva ooi passanti, COlll · la ,gente delle casupole sparse pei campi, coi lavoratori delle vigne; coi pastori qua1I1dlo ,scendevalllo al ,piano, e di tutti .srupeva omne andava la vita. Si caociava innanzi Ila mula che era la sua compaigllla vera, le faoeva lunghi ragionamenti, le dava avvertenze, interpre– tava i suoi ,sentimenti, la illlformava delle novità. La bestia stava a sootir,e 001I1 quell'aria attenta delle bestie, che è la stessa di chi ascolita una lilllgua straniera in cui ceroo di afferrare qualche parola. Si chiamava Rosa. P,ochi erano i giorni delll'anno in cui 1I1on facesse questo viaggio: nelle grandi feste e quallldo pioveva ta1I1toche c'era pericolo di esser portati via dalla piena. Allora ·sedeva sotto l'arco della porta, e .guardava il paese che era tutto un torroote itorbidlo, e la ·ge nte che girava rasente ai muri ooi saochi sulla t,esta per ripa– rar.si dall'acqua, e Ila mo1I1tagnaohe -aveva messo anch'essa un cap•– pucci o di lllubi. Dov'er,a la grande vallata, e il torrente, c'era la lllebbia opaca come il cielo, e il corso dei torrenti si intravedeva lu– cido come le vie dei fulmini lllei cieli nuvolosi. n mare ,si indovi- . . nava nel grande vuoto dell'orizz,onte. QUJ31Ildo era fermo, valeva mooo di qualunque uomo, lui •che era abituato a vedle_re i risvegli lnlllgo la strada, e come andavano. i lavori, e come crescevamo gli orti, e i danni del torrente giorno p,er ,giomo. Arrivava in vis•ta del mare quwndo il treno passava 1 siul ponte (ed era tutte le maJttine una novità ,puntuaJe), e .sà. piegava ooirne u,n org0J11ettoaJJle volta/te. Si !lamentava, quallldOnofn poteva andar via. Gli altri due figli gli erano nati muti, e lui si •Qstilllavaa vo– lerne, sperando che quello che avesse parlato _dopo di loro avrebbe detto di gramdi oose. Quei due, quando eralllo venuti, avevano arti– colato quas1 per isbaglio le silllabe ma-ma. Poi si imbrogliarono, parve, e diceva1110 .suoni che lllOn,si erano mai se111titi,ed era finita. BibliotecaGino Bianco
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