Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

I!'. ToMBA.RI, Tutta Frusaglia (XXXIII Cronache) 633 appiattiscono e confondono con le imagini floreali, esuberanti di tinte, con gli uccelli e i geometrici multicolori. Se ritagli per tuo conto nel– l'arazzo una figurina, un episodio descrittivo, un ramo fiorito, una cor– nucopia, o anche uno svolazzo, e lo consideri per sé solo, ti persuade, ti piace, te ne incanti, magari ti commuovi, e magari dici : - Ohe artista! ma che forza! e quanta poesia! -. ,Se però abbracci d'un sol colpo d'oc– chio anche sola tutta una cronaca, e qualche volta ti tocca proprio fare così, perché le imagini sono articolate in guisa che a voler isolare un particolare c'è il pericolo di tirarsi dietro tutto l'arazzo, resti per– plesso : senti qui la sovrapposizione, più in là il cartoccio, e un po' dap– pertutto il festone secentesco. E allora ti viene anche il sospetto che il decoratore sia più forte del costruttore. Eppure in queste storielle, beffe, facezie, avventure rocambolesche, che il cronista dell'imaginata Frusaglia ha raccolte un po' dappertutto, di sulle labbra de' suoi conterranei delle Marche e de' suoi vicini di Romagna, e trasferite sopra un piano eroico .da burla, in cui tutto il color locale s'è perduto tra fumo e .fiamma di troppi colpi di pistola lanciarazzi, una vigoria narrativa, una drammartica forza- le indovini anzi le intravedi. E sarebbe facile tirarle fuori, così che spiegassero sotto i nostri occhi tutta la loro effettiva potenza. Questione di ricac– ciare ciò che ha da essere di secondo, o di ultimo piano, sul secondo o ultimo piano, di far rientrar tutto che è accessorio nelle sue giuste pro– porzioni, di far circolare l'aria tra i personaggi e gli elementi della. scena: la fiaba, sì, ma non con tutte quelle batterie di luci colorate. Una fiaba senza girandole e senza bengala. T'utto questo non si direbbe se T~mbari non apparisse un ingegno non comune, tale da fondarci su molte speranze. Uno di quegli ingegni esuberanti e natii, cui si fa credito volentieri. Ha avuto già p.n autentico successo. Adèss9 però conviene si metta dinanzi al proprio problema. d'artista. O rassegnarsi a declinare continuando a far dei pezzi di colore, o sacrificare gran parte di quella che potrà anche sembrargli oggi la · ima maggiore ricchezza, per una ricchezza meno appariscente e più vera. PIERO NARDI. GIOVANNI BANFI, Il dèmone custode. - Treves, Milano, 1930. L. 12. Piacevole libro. Ricordi, confessioni, divagazioni, riflessioni, aned– doti, calati sulla pagina· secondo lo spontaneo comando dell'estro. « Amena storia d'un tormentato», suggerisce a spiegazione l'autore; e il sottotitolo dice bene il contenuto del libro, purché, beninteso, non .ii pensi a un «tormentato», poniamo, dostojevschiano, la testa fu– mante d'apocalittici conflitti tra il Bene e il Male, e il contrasto ch'è tra le parole « ameno » e « tormentato » si dia risolto a favore della prima .... Perciò non si tratta, in fondo, neanche di contrasto, che presuppo11e una lotta fra due elementi serii : da una parte cioè l'impeto d'un temperamento che vuol vincere, dall'altra l'ostacolo d'un ambiente, d'una società che oppongono ad esso tutta la loro forza organizzata. La differenza tra l'aut9re di queste «memorie» e i suoi simili non investe BibliotecaGino Bianco

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