Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
Cinquemila lire 337 aveva inc,ontrato um.,suo fratello che ·non aveva visto da, anilli, e s'erano sciambiati qualche parola; queg1lisapeva che Tito aveva com– prato l' Acquaviva e naturalmente gliene portava astio. Si era messo a guard'ar le bestie : - Hai fatto un bell'acqu:iJsto, eh Tito ? U:n: buon oopitale. -'– Le aveva esamÌillate da tutte le parti, tiràlndo la pelle sulle costole, aproodo a forza le bocche restie, cercando ,ostinatamente qualche difetto da poterle criticare; Ulia non c'era nulla da ridire. Ohe le cose volessero andar meglio, ora? si chiedeva Tito, te– neindo-dietro al paisso piuttosto svelto delle bestie. Una specialmente, quella di destra, più volenterosa, tirava troppo, e per l 'appum.to era quella che dava latte : 8i sarebbe sfiillita se seguitava a quel mo do. Si vede che era così, generosa, di suo. Due buone bestiolle. Felice, nel sortir di casa, se lo vedeva illel caimpo a lavorare, si metteva a sedere su um. ciglio. Nell'andar su e giù curvo sull'aratro, Tito gli passava vicino. E se doveva far ripigliar fiato alle bestie, le fermava lì, accanto ,a Felice. Felice accendeva lLa.sigaretta, Tito pigiava qualche cieca nella pipa. Scambiaviamo qualche parola sulla sementa, sulla stagioille. Ambedue traevano ooillf.ortoda questo riav– vicinamento : iill qualche modo a Felice pareva di rientrare nel suo. poder,e. E Tito sentiva da parte di Felice, la rinunzia definitiva a ogni diritto di !lamentarsi o di rammentarsi, persino; l'epoca delle cinquemila lire si chiudeva a sigillo. XL Ohe la fame ci fosse per davvero, Felice non l'avrebbe creduto. Doveva essere uno spauracchio, oome l'oroo delle novelle o una di· quelle malattie amtiche che si sente dire ci sono ,runco,ranei paiesi dei selvaggi, come la peste, la !lebbra. Veramente se ille accor.se soltanto dopo; fu quando si sfamò, che capì di aver avuto f ame. La soffe_roozavera, acuta era di non aver sigarette. Qualche fiasco di vino c'era .ancora in casa; ma il secoilldo giorno che, quasi ,senza farci caso, no~ aveva mangiato, il vino non gli passav·a dalla gola; e forse era per questo che quell'uggia alla bocca dello stomaco, no111 gli pareva fame. Anzi, pareva che non gli dovesse passare Uiil bocoone. Da due o tre giorni l'Angiolina non si léva,va, e credeva, ora di doverci restare per sempre, ora di 3ipprofittarsi di tutti stando a letto quando malata sul ,serio non era : 1I1onaveva nemmeno la febbre. Nessuno poteva sapere che qua1I1doprovava a alzarsi, la BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy