Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
336 D. OinelU Felice oominciò a dire che anche lei avrebbe dovuto industriarsi per aiutare ila famiglia. Si vergognava però di 0001fessare a che punto s'era ridotto, oome era povero davvero. L'Angiolina non aveva me– stieri, nessuno le aveva insegnato. Era cresciuta per co111to suo, d,a, ragaz2la; 111essunoaveva cercato di istr.8/darla per qualche .parte. Dopo, nell'agiatezza no111curamtedi Felice, se anche avesse avuto qualche aittitudine al guadagno, l'avrebbe ,persa. Così aJl buio si dette a oercare ; ma non sapeva dovie battere la testa. Una vecchillla. che •stJruva sempre in ohie:sa, che a111dawa via quando chiudevamo e la mattillla era sulla sogli-a quando a.privano, 1sipuò dire, le i1I1Jsegnò quei l,avoretti a .ago o a, maglia ooi quali crumpava. L'Angiolina ci trovò un conforto. Stavano a ,sedere sulle seggiole allineate davrunti •all'aJltare, ore e ore, ooi veggi sotto le sottane, prenden,doli su ogni t3illto per risoaldar;si le :malili e ,sbracirurli. Le b:rumJbillle amdiavamoe veniivam.oda fuori in chiesa; qualche volta si annoiavano e veni– vano a tirarl'a p,er le bT'accia sim.ché eissa non oed!eva alla forro vo– fontà, altre volte trovavano oompagnia in piazza, e, quando comin -· ciava a fair buiio e bisognava tornare a casa, non vollevrunovenir via. Le succedeva, to:rmand,òa casa, di trovare Felice ,seduto ,sul ci– glio di Ulllcampo, llleilmentre Tito· arav,a, oon le bestie comprate di nuovo. Le ip,riimevolte, ,a ,soo,tir,&e1o fra i piedi, Tito aveva dubitato che Felice, ,ora che aveva l'rucqua alla bocca, volesse milllacciarlo di una denunzia. E badava a ripeter.si : Denulllziarmi ? Ohe può dire anche lui? Che procve ha? Ma Felice gli girava dintorno come un crune sperso che oerica 1llil padrollle; e :a.nchie·a Tito, foiss,e com:pas1sfo1lle o g.ratiitudine di esser lascirutò rtiram.quillo, nolll faceva dispiwoere d'averfo vicino. Forse era il grande isolamooto che Ili riavvicilllava: anche la Fosca viveva da per sé col suo bambilllo ; forse era la co– mune miseria d'animo; Tito non aveva lllulla da illlvidiare a nessulllo per questo verso. Di bene, di buooo, dillltorno a sé, non aveva che le bestie comprate di nuovo. Erruno due vacche di prima figliatura: ambedue col redo; una. dava ancora laitte. Tito era am,dato alla fiera con l'intenzione di com– prare un paio di bestie sode, da ,spender fol'lse mille o duemila ftire di giThllita nel cambio oolll Ila vacca che .gli era rimasta; tanto per po,ter l01Vorare. il podere, e riivenderI,e a ipirinnavera per oo.rne ; ma qurundo ebbe visto quelle quattro bestie che con le cinquemila lire che aveva i 1n tasca potevan,o diventar sue, nolll si poté trattenere. R_im_ase_oon poche oe111tilllaia di lire, ma si era liberato di quei cinque b1ghett1 che poirt,ava in dosso col malessere del laidro che n(){llsi è runcora sbarazzato della, r•oba rubata. Tornando a, casa dietro alle bestie, sentiva d'aver la febbre; era esaltato· tutte le sue ,sperrun?R rinascevano, sebbene adombraite di .sospett~: i denari, quei ,ma– ledetti denari. Per la strada, fra la gente che tomava dalla fiera, BibliotecaGino Bianco
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