Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

Franz Werfel 291 paria. Egli sente d'esser vissuto in ogni vita e di poter trnU,oaimare e oomp,reindere. E ,SUiprplicaffill:didamente chi l'ascolta: « Oh) ti prego) non resistermi! - Oh potesse una volta accadere - di trovarci abbracciati) frntello! ». Questo rprimo libro, ilndice già, ne' straripamooti esrpalllsivi, delle depressioni possibili e della tendenza agli eccessi, infiamma tutta una gioventù, ma 1110n ha il potere di convincere ill padre del poeta. Donde contrasti, che vedremo più tardi trasfigurati in arte, tra qm~sto :ùndu,striale attivo e positivo, per quanto wagneriano dei tempi primi, e il figlio dlotato ma msofferente d'ogni disciplÌ!Ila, ooi la scuola ,riappare runcor oggi ,negli incubi delle notti Ì!Ilquiete. Niente di strao:rdin-ario pertanto che Werfel p~dre si decida a fargli interromper gli studi per veder se a1me1110 in altro campo egli possa riuscire quel che si dice un essere utile aJla ,società. Mia oome impie– gato il nostro ,poeta si dimostra aissai peggiore di quel che non sieno .struti al loro tempo Thomas Mann, Richardl Dehmel e Jakoh Wassel'IJllrunn; e quando, la situazio1D.e in famiglia i1n:asprendosi, egli ,si presenta al ,servizio militare 1110nbrilla nemmeno qui e maingia più oonsegna e prigio111eche ,pagnotta. La vera m1ssio1I1edi Werfel è la poesia. Ma se Sehnsucht e Freiide) indefi!Ilite e ardenti aspirazioni e gioia, gioia nel seinso schilllerfaIDo e beethoveniano di amicizia e di 1 amore, sono le forze motrici e ispiratrici dell'a·mico del mondo) v'è in- questa seconda raccolta di versi (Wir sind) 1911-12) u111'Mnarezzache non conosce– vamo, l'evidente riflesso d elle pdme lotte. Non· è facile amare, no111 è facile essere a.ma.ti . 0' è tra noi e le oose u111a ,parete che non ci permette di 001 I1oscerle e che non consente loro di COIIloscere1I1oi. La ma:rrw:naci siede di fro111te,ci parla e IIloi pensiamo adl altro. La sorella ride stridula, stiamo per odiarla e in gola ci g,org{)lgliauna parola villana. Paidre e figlio vo,rrebbero intendersi, ,ma c'è tra loro il ricordo di molti desÌ!Ilari ililMiditi e ~'inoolmabile 3Jbi,ssodell'età e delle diverse concezioni. « Tutto in.me chiede piangendo amore - geme il poeta - ep,pwre non ho caro n ess1ino ». Oo1I1·sfaJtazio1I1e ch prelude a un'aMra nolil meno triste anche se più pacata: « Come qui tutto a me è du,ro mondo - così a tutto io sono duro- mondo )). Ma l'equilibrio nolil è lo stiato nor,male di questo « pred[catore di rtensioni furenti>>. Egli chi,aimerà la ,Sltess,a, durezza a ferirlo perché possa soffreindo gioire : « Qual gioia al mon·do è mai più dolce - che vemi,referiti e non dir nulla!)). E Ì!Il U1I1 accesso di quasi isterica cupidità di rsofferenza 'Supplicherà Dio di provarlo oon ogni martirio perché ha osato nomilllarlo senza conoscer lo ,strazio delle creature. Solo morendo :ùnogni essere, egli ,potrà rip,resentarsi al Creatore e ardendo dire di tutte le oose: Noi siamo (Wir sind!). Furie di flagelllrunte. Ma anche un'umiltà nuova oon,sci,a, di quanto sia difficile ,soooorrere. Il giovrune che rientra da una notte BibliotecaGino Bianco

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