Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930
290 E. Rocca dta. Né basta amcora: ché ,se l'atteggiiamento 1spiritoole dei nostri crepuscolari suggerisce 1oro -argomenti tenui e ,stile dimesso, Werfel, che ugualmente s' i,sp,ira. a,l quotidiaino, sente aiddirittura pietà per ,,taJ.uneparoile « ooosumiate e pi•aitte >> e in pratica .se ne ,serve ,e le sublÌJIIla,. È dunque lui a,d imitare l\fo:i:etti e Gozzano o so!Ilo i due italiani che rprendon [e mosse dal poeta di Praga? O se la ooin– cidenza stessa, a presci!Ilder dal1a difficoltà li!Ilguistica degli scambi, e sclude ogni imitazione, qual'è kl, fonte comune a tutti e tre? Forse i deoodem.ti foamicesi? N oi tendiarrno ad escluderla. Pensiamo che anaJ.,oghe premesse possan produrre conseguenze affi!Ili e che, come Moretti e Gozzamo più che dierivare da chicche ssia reagisicono, non di prop osito ma spOintameamente, all'ancora : ilJ:b.perversantemagniloq uenza dam!Ilun– ziana, così Werfel non è che l 1 a 11i,spostadeilla generazione 111uova all'estetismo da:nnunzieggiante di u!TlHofimamnstha-1, all'ellooismo .sacerdotale e marmo,reo di un Stefan George; alla troppo distillata raffinatezza dello .stesso sensibile e deliimto Rainer Maria Rilke. · Ma ,se per Moretti e Gozzamo il crepuscoI,arismo è l'espressiio111e U111ica ed ultima, l'isti!Iltiv,a, reazione di Werfel all'arte estetizzante lo porta alla sincerità e all'espansio111esentimentaJ.e. Per sua bocca 11a gioventù parla :finalmente di ,se ,stessa e riesce ad esprimere con limpidità ciò che al massimo si vive: lo stellare periodio i111 cui u1110 sguardo basta a renderci felici e il solo suono di Ulll 1110,me ,a ineb– briarci : << Ora riprendo fuori il tuo nome) - f anciiilla che non conosco - che da sguardi e pa.role j - ora riaffondo il mio volto irrorato - nel grembo del tiio nome>>. La bellla 1110n è più di u111 !Ilome, d'un respil'o, d'un rpasso. .S'ella non s'acoorge di quel suo trepido ad!or atore, è ugualmente vero che vici!Ilo a lei anche lui si soote senza : 6.ne solo e non 1a ritrova se no111 dove può piangerne l'iassenza. Né si ·può rimproverare aiHa fanci11lla reale, rprete sto per u111 dollce fantasma, di aver futto soffrire chi di meglio 111,on bra.ma. Lo stadio successivo di quest'amore dell'amore, cosi fede1mente espresso dal nostro poeta è quasi seilllpre un rapito i!Ilca111tamento di fro111te ·alla bellezza in pieno fiore. Aspasia sucoode a Beatrice. Il Povero studente in adoraz-ione d·i signore belle) cui sembra che la oosa, la ,pasticceria, il nego1,1_0 di mode ed il paloo sien più di lui partecipi di una grazia cui no111 ,os,a111ep,pure aspir:are, è un .sensuaJle senza -saperlo. E là dove quest'esuberanza p,otrà ,mainifestarsi soom ritegino la vedremo convertita in .Se111so paniico, in gioia di sta.re al mondo e di ri-trova:vsi i!I1 ogni creatura e in ogni oosa. Fi!Ilo a sper– dersi, filllo a temer di mancare del punto in cui consistere. Ma sempre l'affermazi0111ela vince sul dubbio. Non è meglio espllilldersi che co111servar,si avaramente? Non è quella di prodigarsi la vera professione dell'uomo? E oosi il poeta 1I1onvede di meglio che - affratelllair,si a chiunque : iagli arditi e ai timridi, agli umiliati e ai . ' BibliotecaGino Bianco
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