Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

Ulisse e i Ciclopi 279 caprino; non potevamo pTeinder sonlllo, per l'angoscia dei lllostri fratelli uccisi. Mentre oosi abbattuti singhiozzavamo in silenzio, dicendo addio i111 cuor nostro aJlla cara luce del giorno, ai teneri prati, al mare celeste, per U111 fortunato caso, 111ell'ombracupa, mi cadde lo sguardo sopra un grosso tronoo d'ulivo, che giaceva ai miei piedi. Mi venne un'idea! - Gli venne un'idea! - p,laudir01110 i fanciullo111iuditori, che erano rimasti coll'animo in sospeso, non sapendo come salvare Ulisse dalla ferale caverna. - Additai agili infelici compagni quel palo: « Ecoo, dissi loro, la 111ostrasailvezza )). Come quel palo, arroventato ed acuminato, finisse nell'occhio al Ciclope, son ,cose che il lettore già conosce, per averne sentitq parlare sui banchi del Gi111lllasio. Diremo solo che, al racconto della manovra col paJlo, « Povero cane!)> ,si udi sosp!i.rare U111 uditore dii– stratto. Era un certo Oleone, vogatore del terzo b8Jllco, che aveva suggerito l'uccisione di Barbollle, ed ora, tra i fumi del vino, glie ne rimordeva la coscienza. - Apipena il Gigante, urlando di dolore, balz.,ò illl pfodi infu– riato, ed Ulllabrodaglia ,S1angu.rign,a, daJl'occhio sooippiato, glti calava pel nraisoe sul mento, noi ci nasoonidemmo sotto ill ventre delle pe– core, aggrap,praindod a.ne lam.e riooiu1Je. Avevamo le gole ai'ide per l'ansia, e più d'uno, trovam.dosi col viso tra le ciocce delle capre, si rinfrescò, po;pp,ando a quella ,sorgente. Inbamto il Oio1ope brruncfoava bestemmirundo inutilmente nell'oscurità, cercando di acchiappare quaJ1cmnodi noi. Ebbre d'ira le sue mani vagolavano alla cieca, si- mili .a gramdi pipistrelli notturni. · Quando ebbe an111aspatoun poco oosi, cozzando il capo oontro le pareti della roccia, e, da gigante, pareva ridotto U111 moodioo che tenda la mano ai passanti, .si appressò alla bocca della caverna, tolse il macigno, e si avviò al mare, per lavarsi la ferita, e risto– rarsi colll'acqua le palpebre. Noi aspettavamo questo momento con ansia. Senza staccarci dai velli delle oapre, le stuzzicammo verso l'uscita, e cosi, seguiti da tutto il gregge, ci trovammo all'aperto, 111ella luce dell'alba. l·a spiaggia era chiara e fredda, nebbie violette ,si distendevano lU111go fa costa. Sopra il mare sonnacchioso splendeva un quartino di luna, esile, prossimo a scomparire. Mai l'aria lieve, che ci ventava in hooca, e l'odore delle aJghe sul greto, ed) il timido 01mmiccare delle acque appena illlcrespate, ci parvero, oome illl quel momento, do111i preziosi di questa vita. Le capre già si spargevano brucando verso i prati dei pascoli, ma noi, a randellate, le tenemmo raccollte, e ce le facemmo trottare davamti, rifacendo a ritroso 1~ strada che avevamo già percorso. Vedemmo il mostro allorntanarsi gesticolando e imp,recando BibliotecaGino Bianco

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