Pègaso - anno II - n. 3 - marzo 1930

IL SALOTTO DI DONNA VITTORIA OIMA. Quando si deplora, generalmente, la scomparsa o almeno la deca– denza dei salotti, si tende ad incolparne il ritmo affannoso della vita contemporanea, nella quale le preoccupazioni materiali troppo spesso soverchiano quelle d'ordine spirituale. Ma ben pochi fra coloro che constatano quel triste fenomeno d'imbarbarimento s'indugiano ad ana– lizzare le origini storiche, le intime ragioni di vita di quelli che furono i più vivaci e piacevoli ritrovi dell'alta società italiana negli ultimi due secoli, da quello di casa Albrizzi e della contessa d' Albany venendo al salotto della contessa Chiarina Maffei e, giù fino ai tempi nostd, della principessa di Venosa e della contessa Ersilia Lovatelli. Or ecco, colla morte a novantasei anni di Donna Vittoria Cima, l'amica ed in un certo senso la continuatrice della Maffei, viene a chiudersi definitivamente l'ultimo esempio delle riunioni signorili che gravitarono intorno a una figura di donna, e riecheggiarono gli eventi storici del nostro Risorgi– mento. Invece che andare in cerca di aneddoti e di dicerie che prendono sempre carattere, a dir _poco, leggendario quando mirano a descrivere dal di fuori un mondo,. come questo, ben chiuso, ci converrà ricercare quali furono gli elementi costitutivi di una così singolare adunanza, perpetuatasi intorno alla medesima ospite, per tre quarti di secolo. Le tradizioni di Casa Cima erano prevalentemente napoleoniche. Il nonno paterno di donna Vittoria era un reduce della Grande Armata; suo zio, il generale Domenico Pino, e la consorte di lui, contessa Vittoria, l'avevano tenuta spiritualmente a battesimo e non solo imponendole il nome di così buon auspicio. Il nonno materno, Michele Tealdi, aveva partecipato alla difesa di Genova capitanata dal Massena ed era poi stato a lungo deputato di Genova al Corpo legislativo dell'impero. Il ritratto di lui, in abito dell'epoca del Direttorio, opera pregevolissima 1 del Gros, campeggiava ancor ieri sulla parete della sala da musica, rievocando agli occhi del visitatore tutto un mondo di forti passioni, di vita difficile, anzi pericolosa. Questi ricordi erano religiosamente custo– diti nella casa ligure-lombarda in cui cresceva l'unica figlioletta, ultima della sua stirpe. I racconti di guerra, le vennero dalla· bocca dell'avo e de' suoi compagni d'arme, irrigiditi· nello sdegnoso riserbo durante i lunghi anni della Restaurazione. Nelle Cinque giornate il vecchio genea raie Cima si trovò pronto sulla breccia, e riebbe un comando dal Re Carlo Alberto eh.e ,seguì al di là del Ticino dopo la catastrofe dell'estate del 1848. Donna Vittoria aveva già conosciuto, quasi bambina, le vie del- ibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy