Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
68 D. Cinelli - E tutte messe insieme da quando sei all' Acquaviva! In cim.que anni, hai fatto presto. E dire che g1li altri ci morivrun d1 famei ! Ma io sto peggio di prima. Fai tutto mio ! -. E rideva, rideva. Tito lo lasciava dire. Erano le solite .scempiaggilili del padrone. Gli avrebbe volentieri battuto la mano sulla spalla anche lui; gli pareva di dover toccare qualche oosa di mollto fiamiliar,e : aveva, una gran vog1lia di liSJCiar:gli la stoffa della giacchetta oon l1lll senso dli amicizia e di abitudine. Quando ,si ritrovò per istrada, Tito provò a distendersi sulle co– perte; ma di dormire nolil gli riUJsciva. L'abburattarsi delle ruote, invece di concigliargli il sornno, lo faceva pensare. Pensava al pa– drone. Ormai lo dice.van tutti che prima •odopo •avrebbe dovuto ven– dere l' Acquaviva. Che sarebbe successo a padrolil nuovo ? L'avreb– bero mandato via ? Ohi avrebbe comprato ? Forse il Cecchilili che aveva preso l'ipoteca. Se gli avessero dato tempo l'avrebbe potuto comprar-e anche lui, Tito, iJI podere. Il male era lì : il tempo. A risparmiare anche due o tremila lire all'anno, - e bisognava che andasse sempre bene - ci v-olevrunoialtri dieci anni : da vecchio. Il Cecchini :no!Ill'avrebbe tenuto nemmen per contadino: altro che pwdr.one ! Già non sarebbe rimwsto da sé: era troppo tirchio, il Coochim.i. - Ma che scemo, il padrone ! Non era lo ,spendere : ill:On sapeva fare il suo interesse. Intanto il vino, lo dloveva vendere che runcora non era fatto, al timo, per far danari; e contentarsi di quell che vole– vaino dare. Ripensalildo al vino, gli venne fatto di metter mano alla tasca interna della giacchetta, dove aveva ripo,sto l'app,unto dei pesi e dell'importo, ,e, oolil uno stupore illlcredulo, inveoe dlel fa– gotto di tela spesso e rm--ido, legato collluno spago, che s'aspettava, senti la mano scivolare ,su una .pelile liscia, fine. Con uno .strattone sulle guide, f.emnò ill cavallo e scese. Dietro al .barr-occio si chim.ò sino al lume che penzolava dalla sala. Era un portafogli di p:elle nera 001nsunta e schiarita in marrone agli amgoli e sulle oostole. Lo spiegò: in UIIlatasca c'era una busta che al tasto pareva piena di fogli leggeri e pieghevoli ; la ruppe, erano biglietti dli banca di gr-osso taglio; portavruno scritto 1I1elmezzo a grandi ,caratteri, e in più picoolo ,agli amgoli, «Mille>>. Erano cin– que bigli-etti da mille lire, cinquemila lire. Al caffè, Felice, da quando era passato Tito, non si sentiva tran - qui11lo.Aveva avuto l'impressione, mentre Tito lo guardava, che questi appoggiaisse lo sguardo su di lui. S'insospettì, gli parve che qualch~ oosa inon g1listasse bene aiddosso: istim.tivamente s'infilò la giacchetta, si senti impiccato alle costure; non era la sua: gli baistò •soorrerci l'occhio per capire che era quella di Tito. Allora BibliotecaGino Bianco
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