Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
88 U. Ojetti vani a dare oggi ufficialmente lavoro ed onori ad architetti, pittori, scultori, musicisti che prima del 1922 erano già a riposo sotto due dita di polvere; che anzi nessuno avrebbe allora pensato di portare alla luce della ribalta la quale, per fortuna, è crudelissima. Perché questi illogici capovolgimenti, queste resurrezioni e sorprese? L'onorevole Oppo, pur con un eufemismo parlamentare, attribuisce questo fenomeno all'ignoranza: « Spesso i responsabili sono degl' irresponsabili perché in buona fede ii. Ha ragione solo in parte. Le cause sono anche altre, e prima di tutto la mancanza della misura. Da noi la violenza che in dati mo– menti è necessaria nelle cose della politica se si vuol salvare la patria, è stata portata a casaccio anche nelle cose dell'arte. Si sono veduti pit– tori degnissimi ingiuriati bravamente dai giovani nelle stesse sale, e per giunta sale private, dove esponevano i loro quadri. Si sono veduti gio– vani artisti confondere il loro interesse con la politica tanto ingenua– mente da andare in camicia nera a presidiare, il giorno dell'inaugura– zione, le loro opere, discutibili quanto quelle degli altri, anzi di più, se taluni di loro, con l'arte che fanno adesso, provano d'averle essi. stessi ripudiate. Altri sono entrati fin nelle scuole a sfasciare le urne d'una votazione e ad urlare comandi. E giornali e giornaletti, con tutte le benedizioni, sono sorti tanto fumanti di minacce e d'insulti contro chiunque non lodasse e venerasse i geni e i feticci della tribù, che a leg– gerli temevi per la salute degli scrittori cosi inturgiditi, sembrava, dal– l'ira. Niente -di grave : ginnastica svedese, almeno per noi del mestiere. Ma il pubblico che di natma sua è conservatore e, sopra tutto, vuole capire e qui, non riuscendo a trovare una proporzione tra quelle fucilate di parole e le colpe degli assaliti, immaginava chi sa che biechi propositi e inconfessabili interessi, dài e dài, s'è alla fine voltato contro. A Mi– lano, perfino dei giovani studenti che, come anagrafe, non potrebbero essere più novecenteschi, sono andati sere fa a tumultuare fuori d'una galleria d'arte nella quale esponevano alcuni artisti torinesi, tra i migliori dell'arte d'oggi, ma inclusi da quei vindici adolescenti sotto l'esecrata bandiera << Novecento ii. lTno dei soliti ignoti; candidato ta– gliaborse, ha sfondato nella mostra del Sindacato una tela di Carlo Carrà novecentista. E nella stessa Milano, la quale anche in queste faccende è la più vivace delle nostre città pei tanti ingegni che acco– glie e pel più attivo commercio che la sua prosperità le permette nel– l'arte, quando appare nelle vendite all'asta un vaporoso pastelluccio del 1880 con una mezza figura di bella figliola copiata dalla fotografia, si odono voci di cosi detti amatori gridare : - Questo è disegno, questa è pittura, signori del Novecento. - E non parliamo delle voci che cor– rono sulla prossima Biennale di Venezia e sulle intenzioni di quel Po– destà anc6ra, pare, scandalizzato dalle strabilianti novità esposte due anni or sono da quello scatenato rivoluzionario di Pietro Orsi suo pre– decessore. Chi semina vento, r,1ecoglie tempesta. Figuriamoci chi semina tempesta. Adesso poi, per coronare con un'ultima girandola la baraonda, Ma– rinetti è partito anch'egli in guerra contro questo Novecento, fino al– l'altro ieri sacro padrone del campo. Meglio anc6ra: accanto a lui è BibliotecaGino Bianco
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