Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
84 D. Cinelli al quale egli a-veva parlato degli imbarazzi del padrone. Questo brav'uomo di suo zio sarebbe stato disposto a fare 11!11 imprestito ma votleva esser garantito sul podere che lavorava Tito. E non voleva esser cornosciuto. Era venuto a sapere che oggi doveva sca– der-e una cambiale di cinquemila lire del padrotlle, le aveva date a Tito : eccole .... Tito si sbottonava i!l corpetto, si frugava sotto la camiciola,, e tirava fuori da un involto di carta gialla legata con uno spago, citllque biglietti da millle.... Il Cecchini non credeva ai suoi oochi; nell'allu1I1gare le mami, non toglieva lo sguardo di dosso a Tito il quale si andava riab– bottonamdo la maglia, il corpetto. Ma il viso tlargo e ang-oloso dell contadino era muto, duro come un madgno. - Di dove son venuti questi, ce ne son altri? - chiese a un tratto il Cecchini, riflettendo che con UIIlpadrone oome Felice u111 cotlltadino doveva trov,are da far del bellle. - No, no, - fece Tito impaurito. Ohe avesse qualche sospetto, tra gli occhietti vispi e il nasino appuntato, quell'uomo che pareva lo frugasse addosso e gli entrasse si111 sotto tla pelle? - Peccato, - rispose il Cecchini. - Ci sarebbe stato da gua– dagnare per uno che avesse potuto riunire qualche altro debitucdo del vostr,o padrone. Che avete paura,? No111 son mica l'·ageinte delle tasse. Il Cecchini voleva vedere di sbarazzarsi anche della nuova cam– biale di Felice; benché IIlon riuscisse a frenare un certo rincresci– mento a vedere come il possesso di quei crediti amdava a perunetllo al contadino. Gli pareva di fare un'opera buona, e naturalmente ne aveva sospetto; ma il dovere inna1I1zitutto; il dovere, s'intende, di far bene i propri afl'.ari. Tito metteva un piede sul podere, e al Cecchini, a guardarlo, pareva che lo ;mettesse così pesamtemente da 111011 levarlo più di lì; da doverci metter presto anche queltl'altro. Del r,esto conveniva anche a lui. Al Cecchini della tercra 111otI1 pre– meva : se in fondo ai salmi fosse rimasta al conta;di1110,purché a lui veni,ssero i denari, che gliene importava? Perché impicciarsi di UIIlpodere, e di 1ltll podere, per giunta, che, nelle mani di Felice, doveva essere andato in maJlora? Certo, l' Acquaviva sarebbe amqata bene ,a mano alla fattoria degli Amerighi, con la quale confinava sino alla strada· ma la signora Arnerighi, da quando era vedova e aveva il figliolo agli studi, stava in città. . Sfogliatlldo quei cinque biglietti, coi quali, chissà perché, gtli pareva di aver familiarità, cominciò a di:re a Tito : - Vedete,: un'occasione così si presenta 'lfilla volta nella vita, non ve la dovreste fare scappare; chi non aociuffa la fortuna quamdo passa, IIlOtllmerita nulla. Entrò lllei particolari dell'operazione che era così vantaggiosa BibliotecaGino Bianco
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