Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930
Oinquemila lire 79 coi vetri che abbarbagliavano. E Ile f0glie fradicie ,gulle rame scin– tillavano come di brillainti. Felice, col fucile ilil ispalla, veniva su tra gli ulivi ; la Fosc,a aveva ,sentito zirlare qualche tordo, glieli avrebbe insegnati. Oli d~tte il bti01I1giorno, da lontano,· e ilil cuor ,suo rideva; rideva a ram– mentarsi di essere stati nel perfoolo insieme, rideva 001che del pia– cere di sentirsi desiderata, appenà lui la vedeva. Si mi,se a cantare. Felice si fermò. Nellla luce incisiva della prima matt:ina, la Fosca era ripugnante; i cenci che av·eva a.ddos,so parevano .sporchi di concio, quelle calze grosse che ulila volta, dovevano essere state biamche, eran rossicce, color marrone, ;per schiarire entrando sotto alla sottana; si sentiva che non s'era lavata il viso. Dalla pezzola qualche ricciolo di quei capellli crespi che IIlOndovevano co1I1oscere. pettine, scappava sulla fro1I1tee dietro alle orecchie. Eppure, anzi pareva proprio che fosse per quel disgust•o, il solito aff,a,nno lo proo.deva al[a gola : era cosi 1 la Fosca. Quam.do fu sotto all'ulivo, disse, sottovoce : - Fosca, ho lasciato la giacchetta in camera, i<ernotte. Al buio me ne ·so1I10 infilata un'altra. Vàmmela a preindere. La Fosca cercò di rammentarsi : giacchette per la camera 1110n ne aveva vedute; ma era meglio assicurarsene. Scese daJll'ulivo, si svincolò dalle braccia di Felice che l'aspettavano a terra e tirò via a corsa pel viotfo1lo. Alla svolta riprese a cantare. Felice si acchiocciò sotto UIIlcastagno al limitare dei campi, si mise il chiòcoolo in boera e fece il verso del tordo. Rispose uno zirlo, e con U1I1 voletto un uccello si posò sulla cimollilila trepidante di una rama. Felice mirò, premette il grilletto : il tordo cadde secco in un màcero di foglie. · Si stava bene ·al mondo : benedette seccature di cambiali e di quattrini ! Ora, anche ,se la giacchetta si ritrovava, bisognava pa– gar la cambiale ; e fra quattro mesi era la solita ·storia ma in. peggio; sempre ilil peggio; se pure ,si riusciva a tener tranquilli gli altri creditori. E dire che c'era chi lo credeva ricco: un signore! Un signore lo era, del resto, e figliolo di un signore. Bisog1I1aan,dare avanti: poi si sistemerà, una v;olta per sempre. Si paga tutti, un bel giorn:io: che liberazio1I1e ! E metter la testa a partito, cambiar compaglllia, non andar più fuori la ,sera, non giocar più. Non si credessero quei quattro o cinque disutilacci che· gili ,eran ,sempre alle costole, sempre a. aspettarlo, di dargliela a bere: quel che faceva, lo faceva a occhi aperti. Ah, se IIlOIIl avesse venduto la bottega, avrebbe fatto presto a ripigliarsi. Coi poderi ililvece, non ci sono risorse ; con quella rendituccia e basta,. bisogna far 1a vita modesta anche a esser signori. E la terra, una volta che ci s'è messo un debito sopra, !llOm. si libera più. Se la prendeva CO'll chi aveva comprato la bottega: gliela avevan portata via per BiblÌotecaGino Bianco
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