Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929
662 F. Ohiexn volta di avere imbroccato il oorridoio giusto; stendendo le mani, toccavo pietra a destra ed a sinistra; sentivo sotto i piedi una specie di regolarità oome lastre disposte a lasciar passare la gente. Poi, ad un tratto, venivo a percuotere colll la faccia contro ullla parete dritta; qualche volta mi -siprofondavo fino al ginocchio ilil UJI1a melma. Tutta la notte mi aggirai ilil quello spaventoso labirinto. Quaindlocominciò ad albeggiare, mi ritrovai presso il ponte : dinamzi · a me, le capanne di Croda, la chiesina bianca. Avrei potuto facil– mente, co111 l'aiuto degli occhi, sooprire il .sentiero giusto, amdar– mene. Ma no : sono rimasto. E rimamgo. Battè, come a suggellare la sua volontà, un pugno sulla t,avola. - Rimango. E tu? oosa fai? Venni raiccollltamdogli alcullle oose della mia vita presente, ma subito m'aooorsi che no111m'asooltav,a. - ,Scusa, - disse; uscì e tornò con un cestino di lamponi, d'u1I1afragramza i111tensa.- Per– d01I1ami,-:--disse. - M'ero dimenticato. Rovesciò i frutti vermigli in un piatto e me lo pose di1I1amzi. - ,Squisiti, vero? N-0111 tutto quassù è pietra nuda, puzzo di stana. Vedessi che fiori ! E i lamponi e le fragole hanno un sapore che 1I10111 si 00111osoe laggiù .... No no, - soggiunse, - sono per te. A me ,ne ,porta!Ilo tutti i giorni. Tutti i giorni questa povera gente viene con qualche 0osa e vuole che io -accetti. Povera gente ruvida e brutta, ma tu sapessi che gentilezza sotto quelle scorze. Nolll pro– duceva gente così buo111a quella terra grassa laiggiù. L'appiglio mi offrì modo di ricondurre l'amico sul racoonto della sua sventura. - È u111a storia stupida, antipatica, priva d'interesse, - ri– sp-ose, - la solita storia della lettera anonima che oggi arriva al tale, domami al tal altro, oggi al marito, domami alla moglie : ilil capo ad un mese, Pieve delle Terre era ,divenuta nn illlfemo. Ri– (•(>J•che?Molte, e da parte dell'Autorità e ,da parte dei privati: tutte inutili. Un gi-omo sono invitato a comparire dilllamzi a Molll– signor Vioario. - Voi, - dioe senza preamboli, - siete l'-autore delle lettere runonime così e o.osì. Confessate.... Qosa avresti risposto tu ? Nolll mi lasciò tempo di aprire boc,oa e soggiunse: - No no, amico mio; impos,sibile .pronunciare Ullla,parola che è u111a parola. -Mi sentivo come quando ci sorpren{le la febbre, che le idee non regg01I10più, sono, lllOIIl sono, girano, si accavallano : una oosa quasi da ridere. Difatti scoppiai in u1I1a risata. - Non c'è da ridere, - disse il Vicario: - in alcullle di quelle lettere si allude a fatti che v,oi solo potevate conoscere. E, abbas– sando la vooe e compitamdo le parole soggi11ID.se : Fatti che voi solo potevate conoscere oo,me c01I1fessore. BibliotecaGino Bianco
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