Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929
Il Cristo corrucciato 659 ·dini; e già stavo per tornare sui miei passi, deciso Ui scendere 01I1.oh'io come il fiume, i111 fretta e i,n furia, verso luoghi meno ilnu– mruni, quamdo un nero m'appari in fondo alla viuzza, ed era lui·: Don Achille. Riconoscerlo, no; ma certamente qualcuno cosi avevo già visto : quella mossa del oollo come d'uno che s'ilnalberi, quell'andare un po' greve con le braccia tese in baisso e i pug,ni chiusi.... Egli mi ric0111obbe alla prima occhiata e fece l'atto di volgersi a scapp•are. Ma tosto si rip,rese e mi venne incontro sollevando le braccia e sciogliendo quei due martelli q_ipugni. -Tu! La mia memoria si risentì a quel «tu)). Achille, il Pieveloce, come ci divertivamo a chiamare quel giovirnorned'al passo pesante. V,olli abbraicciarlo, ma mi tratten111i vedendo l'immobilità di quel volto che mi guardav·a senza il minimo sorriso. Poi mi d-omandò : - Gome mai? come mai? ... - B si sentiva dal tono della voce, . ch'era stupito e commosso di rivedermi. E mi lasciai condurre verso la sua casa. Era, i!I1 fondo al villaggio, uina capamnuccia non molto d'ivèrsa dalle altre: un po' più decente, senza letamai a ridosso, con quat– tro spanne d'orto ,da un lato. L'altro lato si appoggiava alla chiesa, che subito attrasse i miei occhi 0001 la bianchezz,a della sua faccia– tina : bianca da no111 credere, sotto il ner,o del tetto, che sporgeva t"sageratamente le gronde .massicce come a farle una protezione ge– losa. Dinanzi, un po' di saicratino, che, girando c1'iet~ol'amgolo, diventava cimitero. fu fondo al cimitero, una caippelletta; e li il Cristo crocifisso del mio a.mioo. - Stupoodlo. Ma perché quel terribile cruccio? - Non so.... - E uscimmo tra le crocette magre, di leg,no vec- chio e IIluovo, alcune lavorate c001 quella cura impacciata e com– a:novente che i montanari mettono a decorare ·un bastollle, uno stampo da focacce, una culla. La nebbia s'era di nuovo abbattuta sul villaggio, cosi spessa che, rip,assamdo dinamzi alla. chiesa, me ne avvidi solo per il sililgolare fastidlio ch'è incontrare nel buio una cosa bianca. Entrammo in casa senza discemere nulla di derunito: d'esservi dentro m'accorsi sootendo un tiepido, ritrovando il noto odore di Croda, che li però mi pareva ripulito della sua spordzia e corretto da un aroma buono dli leg,no di larice. Poi, avendo l'amico accesa una lucernetta a pe– trolio, vidi ch'era una strunza ampia e baissa, tutta rivestita di assi : una tavola nel mezzo, una grossa stufa in UIIl angolo, un palchettb carico di libri, una Madolillla appesa alla parete, UIIlmazzo d'acoiniti i!I1 un vaso, un senso d'intilillità e di pace. E quel tepore benefico. Ma quasi avrei preferito trovarmi ancora nella nebbia pioviggi- BibliotecaGino Bianco
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