Pègaso - anno I - n. 11 - novembre 1929

630 R SERRA, Dei << ,Trfonfi >>. di Fra,ncesco Petrarca Pensàte un Aminta letto e giudicato come sì leggerebbe e giudiche– rebbe un dramma· di Ibsen, con li:i,stessa crudeltà di 13guardo !... Dic,o l'Aminta e potrei. aggiungere, cfue,sò? l'Orlando furioso, o 1e Stanz~, o. le N o:eue del ,Sacchetti. Quistione, 'du.nqtte, sempre di ·gust@, çh~, , dov'è veramente una cosa del sa:agu.e:, e calmo,. porta implicito h:ìti:Ìlti– . varnente un giudizio (clite Vl/J.@J dir- p@i, avanti tl!l.tt.o, p,@,t"1::e, d i ~imiti), e sa trovare _i mezzi per esprimerlo e farlo accettare, anche se, ta!.?,'te ·volte,. con i modi più eyasi'vi. In critica, alla fine, ~ral_e più il si e il.;no d'un lettore come m'intend'io che la messinscena della critica profonda a oltranza, della critica cogitabo,Rda. •·.. . , Ecco. Serra aveva da studiare i Trionfi,;, Il loro significato, alle 0 gorico, cb'.ene ha già affaticati mille, più si cerca meno si ~rova. ~toria del poeta BOBsono, e :neppure, anche in séRso strettissimo, storia del– l'umanità. Forsè sono, confusamente, l'uno e. l'altro. E Serra, pur considerando q1ièsto, e facendogli giusta' parte, si ferma, com'era da aspettarsi, con ben altra atteni-;ione, al piacere che gli danno certi versi, certe poche terzine,. e quel particolare accento che se non è' nuovò•_ _ e prnfondo e aìreanaruentè semplice come nelle Rime, è però leggiadro e raro, e sente di tanti echi, Ìètture classiche e testi sacri,, più' .letture c,lassiclite, di poeti e di storici. Il Petrarca, riesprimendoli, non proprio conversav:;i, con gli antichi, come_quando scriveva le lettere latine in stile grande, ma, più limitatamente, ne riassaporava il linguaggio e,. a traverso quello, trovava una saltuaria determinatezza, anche se ·non quella totale determinatezza che -poteva nàscere solo da una concezione originale, unitaria e compatta. Allora egli sapeva -dipingere le cose in modo che, pur senza novità vera, piacessero (e piacciono ancora infatti) : cose, luoghi, persone. Gli serviva a sostegno, al ·modo stesso, l'immagine d'un poeta o il giudizio rapido d'uno storic9. Che non e'l'a male. Mà è ch,e, pur scrivendo limpido e sicuro, quèna· ,limpidità e si– _cuezza era tutta in superficie, e senza vibrazi@ne. Come l'ispirazione gli era venuta dai libri, e ,non dall'anima, cosi gli effetti in lui si ar- . ,ricchi vano di ricordi e di letture, e provando questa. moltiplicazione · in sé e questa rié.chezza; s'illudeva d'averla anche comui1ieata ai let– tori. Questo significa quel che Serra benissimo ha visto, che il Petrarca nei Trionfi :r:isentì l'aura grande dei classici, e volle farne un poema gran(le, in, volgare, da contrapporre all'altro che scrisse in latin@, l' Afrièa. I risultati di .questo uguagliamento di stile li abbianiio ac– cennati, e. aboin,mo. detto di quella mancanza di propagazione emotiva.' che si :nota ~n tutto. Ma non solo. dòve tocca, diciamo così, una materia fuori di sé,_noD dell'amirna, è fredda~ente ·ugttu11e;anche ailtr@ve; Dette cose . più sue ; e la m~rte di Lau.ra, aél esempio, è presentata in una forma en.un :cilia,tiva;e:he IlO!lil bastano a saival'la i pòchi verrsi ·belli. Non . varreb be la ragione d'l(ln ritor1w I a un mo~ivo antìc,o e ·già 'es[EJress<Ì> .. Certi ricordi che nelle Rime tornano sempre nuovi («Erano i èapei d'oro a l'aura sparsi» coi s:lmi.cento sviluppi), qui perd'ono ogni sfogo-· larìtà d'accento, e non riescono nemmeno a comporre intimamente u.n verso ( « Le chiome accoUe in' o.ro 0. ,sparse al vento »). In certa ten.uità fantastica par che annunci il P0 liziano, e lo vide il Tasso nei suo;i . Disco7:s-i'del poema eroico; ma quaBto_ il Poliziano è .più. netto e pÌ'lì Biblioteca Gino Bianco • I

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