Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
506 E. M: REMARQUE, lm · Westen nichts neites Alcune rappresentazioni di questo drammatico libro sono giusta– mente già celebri. La morte lenta d'un compagno d'armi, che i compagni vanno a visitare nell'ospedale da campo (e uno di questi ha l'inn9cente voglia di ereditare un paio di bellissimi stivali, e finalmente li ottiene quando quegli s'accorge che l'hanno amputato d'una gamba ed ha già nell'animo l'intenerimento e il distacco della morte) ; l'impressione gran– diosa del fuoco tambureggiante; la disperata malincon,ia dei giorni del congedo passati nella casa, paterna (mirabile capitolo), e il nulla eh~ di– cono tutte le cose, anche più amate, poiché la realtà nuova della propria vita è al fronte e ivi tra pochi giorni bisogna tornare; l'addio alla madre, che tanti hanno scrittb, ma, che forse nessuno ha scritto con un sussulto lirico pieno di tanta tristezza; la tremenda solitudine dell'uomo sper– dutosi sul campo di battaglia,, isolato dai suoi, sorpassato dall'assalto nemico, rintanato in una buca che lo copre appena, e ben presto accom– pagnato dal rantolo d'un altro uomo a cui egli ha cacciato il coltello nel petto per non esserne ucciso:, tutte queste scene, dove }'anelito della realtà sembra lo spiro creatore dell'immaginazione, hanno suscitato im– pressioni indicibili in Germania, ed altrove. Ma anche in Germania, mentre il giudizio popolare sul libro di Re– marque è uno solo, la gente letterata non va affatto d'accordo su la mi– sura del suo valore. Alcuni lo accusano di essere «giornalismo», parola con la quale si crede aver detto tutto; come se gli uomini· che scrivono nei giornali, e per i giornali, e che hanno inventato con l'istantaneità del reportage mirabili forme nuove alla letteratura moderna,, non fossero uomini che costantemente, per tutto il seguito dei loro giorni, vivono nel ·contatto delle più varie realtà e dei più vari libri, nel fermento della vita, e delle idee. Certo i tedeschi, al pari di tutti i popoli, hanno avuto il loro giornalismo di guerra, e in esso alcuni scrittori ricchi di sensibilità, di umanità, d'intelletto, d'immaginazione, di nervi, che hanno cercato di tradurre con efficacia quello che la guerra rivelava loro di grandioso, di doloroso e terribile. È verosimile, né questo gli fa torto, che l'autore di Niente di nuovo in Occidente abbia molto impa,rato da loro,· anche senza vol,erlo; cosi ,è verosimile che l'aggruppamento dei casi che egli attribuisce al proprio eroe, con un avvicendarsi un po' cinematografico del brutale, del raccapricciante, dell'umoristico, del tenero, dell'ele-. giaco, gli veRga da quella pratica scuola dove s'insegna la cucinatura del libro che piaccia a ni.olti. Remarque non viene dalla letteratura, e non scopre la letteratura; egli viene dalla guerra, vuol farla sentire, e prende con grande semplicità le forme che gli sembrano più adatte al suo scopo. Non sono forme sempre nuove; non tutti i critici le trovano elette. Ma in esse egli deposita e drammatizza il vasto e genuino materiale d'osser– vazione che la guerra gli ha suggerito e che tocca per sé stesso tutte le corde dell'anima umana, come nella guerra fu tutto l'uomo. In un certo senso, per questa ricchezza di vibrazione, egli dà torto a sé stesso in quanto vuol dipingere il combattente come annientato e vuo– tato di sé nella tremenda rota che lo aggira. No, l'uomo rimane tutto intero; le cose, per quanto tremende, agiscono alla s~perficie; tutto quello che è più intimo rimane .. « E intorno a noi si distende il prato in fiore. Le tenere spighe dell'erbe si piegano. Farfalle bianche tripudiano Biblio,tecaGino Bianco
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