Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

E. M. REll!liARQUE, {m Westen nichts neues 503 di. critica letteraria in senso. stretto. Appu.nto per questo alcuni tratti del volume ci laisciano dubbiosi se lo scrittore attribuisca un valore s!o:ico, temporale, o piuttosto uno eterno, immanente alla parola « clas:.. s1c1smo » che gli sta a cuore; se egli creda alla possibilità di una gran- ' dezza artiistica nell'ambito del romanticismo o non veda in questo se. non una ricorrente stagione d'imperfezione e di errori nella storia arti– stica dell'umanità. Per quanto riguarda il nostro paese, al quale1 Il Bellonci attribuisce •J un solo romanticismo originale: quello della controriforma, direi che '10 scrittore propenda per questa seconda ipotesi. Ma ch'egli non sia s.ordo a voci· d'altra natura lo ·dimostrano le bellissime pagine sull'arte di Enrico Ibse111 che chiudono il libro. EUGEJNIO MONTALE. ERICH MARIAREMARQUE, Im Westen niohts neues. - Propylaen Verlag, Berlin, 1929. Mk.. 4. Mi tornano alla mente le parole con le quali Luigi Barzini, chiu– dendo una conferenza su le battaglie russo-giapponesi da lui vedute in quegli anni, rfassumeva il pensiero suo su la guerra: « Bisogna averne orrore, non averne paura. >> Paura non ne hanno avuto, pochi anni dopo, tutti i popoli d'Europa, allora per lunga pace inesperti; taluni perfino, come l'Italia, non coinvolti ineluttabilmente nel conflitto, vi si gettarono di propria volontà, dopo matura e lucida riflessione. Il coraggio di ieri sarà sempre anche il coraggio cli. domani; l'orrore ugualmente. Per il fatto che la guerra"non diminuisce, le.forze dell'animo, anzi le rinsalda e convalida, e tempra tutte le azioni umane di una risolutezza ignotà ai più pacifici tempi della civiltà, non dobbiamo credere di poterci sottrarre f al sentimento d'orrore. che essa, suscita in noi ed ha sempre suscitato. L'una cosa può e deve coesistere con l'altra: il coraggio di affrontare quello che è necessario e talvolta inevitabile, e il chiaro discernimento · di ciò che nella guerra è in opposizione con la naturale pietà del cuore umano e con tanta parte dell'educazione dell'anima. Il più celebre libro di guerra, della letteratura tedesca, già oggi uno dei più celebri della letteratura mondiale, Niente di nuovo in Oooidente, di Erich Maria Remarque, non conosce certamente questo equilibrio. Se lo conoscesse, sarebbe più forte. Essò è sopra tutto il libro dell'orrore, ed è anche un bel libro, in quanto sia testimonianza di quest'orrore, e non decada in atteggiamenti da ragionatore parziale. Tutti i popoli che furono combattenti vi possono riconos cere il quadro degli -strazi che essi pure provarono, l'espressione delle soff.er, enzeche essi pure sosten– nero. Una verità sacra è in ciò che esso descrive; una verità semplice, terribile e monumentale, che la storia non può cancellare, senza togliere qualche cosa d'augusto alla sua struttura faticosa. La guerra maggiore e più sterminatrice che abbia condotto fin qui l'umanità non fu soltanto esaltazione ed epopea; essa, fu anche dolore profondo. Cimiteri, ossari e calvari sono i suoi monumenti: essi parlano degli stessi dolori che que– sto libro rievoca alla vita con una nervosa forza <lirisurrezione. I popoli che ebbero la vittoria aggiungono ad ogni loro doloroso ricordo di lio.teèa .GinoBianco

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