Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
502 GOFFREDO BELLONCI, Pag-ine e idee sale, onde la sua cla,ssicità, anche a rischio di parere generica, si colora. Un motivo ricorrente nel libro del BeJ.lonci e tale da infondere qualche unità anche ai più vari argomenti, è la sua polemica contro coloro che « hanno descritto il paesaggio letterario italiano come due- vette, una più alta, del rinascimento, e una meno alta, deJ risorgimento, sorte per incantesimo da due paludi, il medioevo e il seicento. » Pel Bdlonci ogni secolo s'inseri.soe nell'altro con infinita varietà e ricchezza di modula– zioni e in tutto il corso della nostra tradizione appare una continuità segreta e una costanza di motivi che sme,ntiscono ogni rigidità di inter– pretazioni unilaterali. Lasciando .da parte la letteratura delle ol'igini della quale egli si mostra conoscitore (e qui l'argomento sarebbe lungo per una recensione) si ,oss,e,rvicome il Bellonci riesca a provare il valore conclusivo degli scrittori del trecento e com'egli si rifiuti ad ammettere nel Boccaccio l'autore di una « commedia terrena>> che precorra la ri– nascita o addirittura la riforma; o quanto sia ingegnooa la sua esem– plificazione di certo preromanticismo italiano del sei e settecentù, il quale troverebbe secondo lui la sua risoluzione classica, pa~sando dalla fase delle ricerche e delle trovate a quella di un possesso profondo, sin– tattico, nei grandi scrittori italiani del primo ottocento.· Il Manzoni« fu, come i classici, un sintattico», nel senso « che cercò piuttosto i costrutti che dessero maggior significato alle parole, che non i vocaboli tecnici od onomatopeiici da usar con arte di pittore in una descrizione o con arte di musicista in una strofe. » Poesia pittorica o arte delle onomatopeie troviamo invece, dopo di lui, nel Oardùcci, nel Pascoli e nel D'Annunzio ai quali il Bellonci ascrive il merito di averci redento dal romanticismo straniero e di aver continuato l'opera del Fo– scolo, del Leopardi e del Manzoni. Sintattici anch'essi, dunque, e ,sia pure riferendoci soltanto a quella profonda sintassi psicologica della quale lo scrittore ci parla in altra occa,sione ? Classici anch'essi ? Par– rebbe di no, a giudicare da alcune, felici pagine sul Carducci. Ma la que– stione .non mi pare del tutto chiarita, e non è questione di parole, dato che a queste parole il Bellonci crede. Certo, nel libro, avvicinandoci ai problemi- degli ultimi anni, l'im– pressione di ,sicurezza del giudice, e l'adesione del lettore, diminuiscono. Alcune considerazioni non del ·tutto per.suasive sul. «frammento» (p. 270) ce ne avvisano;· le pagine ,sul Pascoli «platonico» ce lo,,confer– mano. Il Pascoli « fu il teologo di una estetica platonica; e imaginò una comunione di poeti comparabile alla, comunione dei Santi nella ~hiesa cattolica. Credo che seguendo il Pascoli secondo queste dir.ettive sia possibile risolvere il problema del suo stile, cosi arduo per la me– scolanza di modi dialettali e di modi alessandrini. » Sarà cosi: ma piacerebbe che il Bellonci riuscisse, qui o altrove, a dimostrare la sua tesi. La vecchia polemica antipascoliana della Ronda denunziava in sostanza nel Pascoli più svolto e più ambizioso un'as– senza di immediatezza e necessità stilistica che è di appercezione istin– tiva. Può darsi che quella polemica avesse torto; ma tocca agli ammi– ratori del Pascoli pe~suadercene, stando attaccati alla lettera e non perdendosi troppo in questioni di contenuto. Ma il libro del Bellonci vuol essere un libro d'idee generali e non' BibliotecaGino Bianco
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