Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
C. DE LOLLIS, Saggi sulla forma poetica, ecc. 1 493 senz'avvedersene, ma per puro amore alla sua te·si, volendo richiamare il petrarçhesco « Quanta invidia ti porto, avara terra», non dia per un verso leopardiano « Quanta invidia ti porto, o greggia mia», un verso che, per dire il vero, nel Leopardi non esiste, ma risulta di due parti distanti d'una stessa strofa, neppur disposte, a quella distanza, nel- 1'ordine col quale il De Lollis le dà. Versi dunque, no. Ma le parole? Nemmeno le parole. E ho dato avanti le prove. Se, continuando, esa– minassi i periodi interi, non farei che ribadire l'idea non di somiglianza, o concordanza, ma di fortissima distinzione. Quantunque, per distin– guerè, non sia necessario arrivare a questa conclusione: che le imita– zioni del Petrarca in Leopardi « abbiano il pregio estrinseco di portarci a contatto di ciò che nella poesia petrarchesca è veramente vivo e umano e che assai spesso è dissimulato nell'intrico delle eleganze e degli artifizi formali.» Vogliamo dunque leggere Petrarca con l'animo leopar- · diano ? Chiedere a Petrarca quel che non poteva essere suo e doveva poi essere di Leopardi ? .De Lollis stesso dà una dimostrazione lampante di quanto questo modo di leggere sia rischioso, dove in certi versi della canzone In quella parte dove Amor mi sprona, che è delle più preziose, non delle più affettuose del Petrarca, delle più riflesse e compiaciute, non delle più dirette e calde, in alcuni versi, dico, di questa qualità trova, chi sa mai perché, trova l'origine, la prima fonte, della, rievo– cazione di Nerina nelle Ricordanze, e non sente che qui perfino il senso è diverso, oltre il pianto, dolente forse come non fu mai in Leopardi, e traboccante. Si dovrà, su questo confronto sbagliato,· fare il processo alle « eleganze» e agli « artifizi formali» del Petrarca ? Capisco ora la portata vera di quel ·richiamo al Matthison, al settecentesco Mat– thison .... È dunque tutto falso in questo libro ? E non ci sono che errori, storture, contradizioni? Ci sono. Ma c'è anche altro, l'animo del De Lollis, che piace, pur con le sue intemperanze, i passionati giudizi. Cercalo nelle chiose marginali dove non c'è nel suo tempo, tra i com– pagni di studi, di lavoro, di inclinazioni, chi l'eguagli. Lo si direbbe un irregolare, un giornalista, se dir cosi non offendesse. Il suo gusto per la forma poetica, un poco esterno, se non gli servi a guardare dentro la poesia, la poesia dei grandi, gli fu però un validissimo aiuto a sco– prire, tante volte, la non poesia. Per un poeta mediocre, spessissimo, il trovar la fonte d'una parola, d'una immagine, è un mezzo giudizio. Difficile è portare lo stesso occhio in quegli artisti che creano la loro forma, la creano anche se pigliano a prestito tanto dagli altri. Questo nel De Lollis rappresentò il più grosso abbaglio, e forse gli derivò dall'orgoglio di filologo. Se fu, come dicono, maestro impareggiabile, bisoo-na rimpiangere di non avere avuta la ventura d'essergli stati vicini. La ;arola viva avrebbe dato un senso a tante cose che trascritte e sole ci paiono inaccettabili. E poi quel dire e ridire, che era proprio suo, all'orecchio degli ascoltanti certo doveva suonare ben altro; qui sulla pagina ha lasciato troppo scoperti i risentimenti. S'aggiunga l'argomento di questi saggi, fondamentalmente vero, .ma inappl~cabil~ ?osi e~te~a– mente : un argomento che si portò per anm, mutando 1 gusti, 1 pensieri, e ioteca G'no B·anco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy