Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
O DE LOLLIS, Saggi sulla for7::a poetica, ecc. 491 Pure c'è qualcosa in lui che ce lo fa distinguere dai critici suoi con– temporanei, ci fa eccitante la lettura: dico quell'attenzione ai fatti lin– guistici, troppo trascurati dagli altri che lavorarono nel suo tempo (anche se di quei fatti non intese interamente la portata); e poi un gusto pronto, magari, come il più delle volte era, dispettoso, om– broso. Raro si cqmmuove o, semplicemente, aderisce; più spesso castiga con uno sferzante riso. E qui può piacere e dispiacere insieme, persua– dere e non persuadere; ma spiace sempre e non persuade se·s'abbatidona a entusiasmi (il pericoloso rovescio degli spiriti polemici). Come quando, per il Canto d' I gea, confessa d'aver ·1ette in vita sua e rilette quelle strofe cento volte, e ricorda al confronto « i dioscuri di Monte Cavallo o la teoria panatenaica che fregiava il frontone (?) della cella del Par– tenone. ll Diremo allora che egli giudica per passione e, caso curioso in un filologo, alla poesia arriva più_ a traverso i suoi risentimenti, che· con la calma guida delle parole. E tanto valeva, se doveva essere così, esprimersi, come fa, ereticamente, abbandonando tutta quella dimo– strazione minuta, buona a nulla. Scrive una volta, benissimo, che le parole dei poeti andrebbero origliate con l'anima. A lui mancò questa felice e libera disposizione e, alla fine, questa umiltà. Non insisterò su quel raffronto tra A Silvia e le Ricordanze, e quella pulitissima e or– natissima Mia prima vita pratiana. Ma uno, che davanti ad alcuni versi dell' Aleardi di puro stampo foscoliano ( « Pria che su le infelici artiche terre >l, « Meste per tanta [noti troppa, com'è nel De Lollis]- luce ore d'estate >l) smania per quella loro, come lui dice, « capacità abissale» (questi son termini pretti della critica psicologica!), in che altri modi si sarebbe espresso se avesse considerato, o semplicemente ricordato, la stessa forma di verso nel Foscolo, che, se non fu il primo a crearla, le diede autorità e bellezza, anche per l'uso singolarissimo che ne seppe fare ? Dovrei, ancora, gravar la mano su un confronto tra l' « ove sei» dell' Id·illio. maremmano, e quel grido, che è veramente un grido, delle Ricordanze del Leopardi? O sul paragone.istituito tra la Fonte di Laura del Matthison, l'amabile Matthisol)., e la sublime ed esaltante canzone petrarchesca Chiare, fresche e. dolci acque ? Ma questa eguaglianza e finitezza di forma dal De _Lollis cercata e esaltata è come la morte : pa– reggia tutto !... La via a concludere, dunque, un poco alla volta ce la siamo pre– parata. Ci aiuterà ora meglio il saggio che_apre il volume, Petrarchismo leopardiano. , 1 Dirò subito che alcuni raffronti sono tali che oggi appena si sop- porterebbero in fondo a un commento scolastico, e De Lollis in parte lo riconosce. Perché si dovrà, ancora,- per .sentire quell'affettuoso; e lento, e sospeso principio del Passero solitario, ricordar~ il pe~r~rchesco « Passer mai solitario in alcun tetto)) ? ; o, per vedere 11prec1p1tar del– l'ombre sotto la luna « giù da' colli e da' tetti ll nel Sabato del villaggio, richiamare le armonie di virgiliano sapore « .; .. discende Dagli altissimi monti maggior l'ombra)) ? (a me, se mai! quell'a~vi~i;1amento. di colli e tetti, senza nulla di prospettiva, come m un pr_1mit1vo,fa ricordare un altro verso del Petrarca « Ove porge ombra un pmo alto o un colle l>); hoteca-Gino Bianco
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