Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

T. GALLAR.A.TI SCOTTI, V:ita di Dante 483 disposto ad ammettere che ·un primitivo 11bbozzodi visione sacra, consi– stente essenzialmente in un viaggio ultramondano alla ricerca della donna morta, sia stato tracciato prima dell'esilio; lo ammette anzi come « cosa certissima>> (e questo è troppo), e crede che d'allora in poi« l'opera sia stata sempre presente allo spirito di Dante>>; ma « qualunque pos– sano essere stati i lavori preparatorii, i tentativi, la gestàzione segreta della Commedia, così come noi la leggiamo, essa ci appare l'opera di po– chi anni, degli ultimi otto, condotta a termine con un vigor nervoso e una violenza di volontà creatrice· che solo la ristrettezza del tempo, chiuso tra il disinganno finale della vita politica e il presentimento della morte, possono spiegare. >> La Divina Commedia non è, secondo il Gal– larati Scotti, attuata in gran parte negli anni di più calda fede : è al · contrario una « crisi di coscienza inquieta nel buio i>, una « crisi di anima disperata>> : fu scritta quando « la conoezione magnifica di una monarchia universale » era 0rmai sprofondata « ai suoi occhi di utopi– sta fanatico»; quando già s'era accorto che il suo impero romano « non era in fondo dissimile, da tutte le altre forniole di felicità proposte dai grandi sitibondi della pace, che non è di questa terra, illusi di poter ricondurre sul globo uno di· quei favolosi regni in c'ui ' fu già, il mondo casto ' » ; quando, venuta meno ogni « ragione di operare, di combattere, di credere in sé>>,Dante si trovò « di fronte al fallimento di tutta la sua vita. ii In quel momento, con in cuore « la disperazione della sua .superba sconfitta>>, vedendo ancora inespressa la parte migliore della sua ispirazione, Dante sarebbe tornato alla promessa solenne fatta in fine della Vita Nuova, e per essa alla memoria di Beatrice. Beatrice lo riconduce a Dio; e« una luce nuova di fode, un ardente desiderio della salvazione, un riconoscimento di tùtti i valori fondamentali del1a vita cristiana in opposizione allo stoicismo e al razionalismo distìnguera:r;mo ormai la Comrnedia dalle operè del passato. ii Non fu « un ritorno razionale a Dio», .ma « una rivolta appassionata contro le cose umane ' che nulla promission rendono intera' >> ; e gli ultimi tredici canti del poema furono scritti quando « l'ombra della morte si stendeva già su di lui», quàndo, sui limitari dell'eternità, « la sua arte e la sua anima, il poema e la vita, s'intrecciavano e .si confondevano quasi in una unica esperienza. ii Io non .so quanti saranno disposti ad ammettere che la Divina Commedia sia opera, non di fede e di vita, ma di sconforto e, di morte; e che siano particolarmente da chiamare « canti dell'agonia ii quegli ultimi tredici canti del Paradiso, scritti ancora nel vigore dell'età, da un poeta poco più che cinquantenne, che seguono immediatamente ai canti della giustizia, e ~he contengono le fiere riprensioni di San Pier Damiano, di San Benedetto, di San Pietro, e perfino di Beatrice; quei canti ove ad Arrigo è preparato• un seggio cosi glorioso, e ove tutto il cielo par esclusivamente preoccupato della terra e dei suoi destini; quei canti dove l'esame stesso di Dante circa le virtù teologali è pensato, e fatto così solenne, come fondamento alla proclamazione della sua mis– siòne profetica ' in pro del mondo che mal vive '. La morte di Ar– rigo \VII deve essere stata. senza dubbio un grave colpo alle speranze di Dante,: ma che cosa ci forza a credere ch'egli trascorresse perciò a • I

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