Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

344 U. Ojetti paesi di larga cultura o almeno di attiva curiosità, hanno ottenuto dàgli stessi avversari un poco di rispetto, gelido ma rispetto, e le mostre, per esempio che nel ,Salon d' Automne hanno ricollocato sugli altari Ingres che.è d;ll' '800 e Poussin che è addirittura del '600, si devono proprio a loro. Due che se una mostra di tre o quattro mesi è, secondo lei, peri- . ' .. colosa ai pittori i musei e le gallerie ,sarebbero per essi add1r1ttura mortiferi· e que;ti sono aperti tutto l'anno, e in. tutte le città, e da oggi per 'fortuna gratuiti. Le mostre comE>, quelle di Firenze del 1911 o del 1922 (grazie per averle ricordate) o questa di Venezia del 1929 non sono in fondo che il temporaneo complemento delle gallerie e dei musei stabili; e quando riescono a ricondurre per poco in Italia op~re italiane da raccolte straniere, come adesso a· Venezia, per non dire altro,· il Concerto del Guardi o la Piazza Navona allagata del Pannini, non c'è, mi sembra, che da ringraziare.~ Xe vecio chi xe morto, - pice Biagio nelle Massere del Goldoni. Le sembrano morti •,anche quei due vecchi là, ? Del resto su questa faccenda del pericolo dei vecchi musei pei giovani pittori, nel '700 s'avevano idee più chiare d'adesso e un pittore, forse anche pe,r Lei rispettabHe, Joshua Reynolds, scriveva: « La verità è che chi è tanto debole da non poter sopportare il peso dei pensieri altrui, certo non ha un vigore di mente o un suo pl,'oprio genio che da quei pensieri possa essere comunque danneggiato; e alla peggio non gliene può venire alcun male, not much harm will be done at worst. » Ella dice: « A Venezia il gusto antiquario dovrebbe più mort1fì– carsi che altrove.>> Un momento. In Italia 'ne&suno ha mai pensato e nessuno pensa a formare, per es-empio, un museo dei mobili e arredi italiani. Per l'America, specie dopo la guerra, di questi mobili e ar– redi sono partite carra e bastimenti. ·Nelle storie straniére si parla appena della pittura del nostro .Settecento; architetture, marmi, bronzi, · arazzi, mobili, stoffe, stampe, porcellane, quasi ignorate. Ebanisti e inta– gliato·ri nostri passano in quelle storie per stranieri, e solo allora sono nominati e lòdati. .Ma a Londra in luglio, nelle ultime vendite all'asta prima che si chiudesse la stagione, un piccolo Guardi con l'Isola di San Giorgio v•enduto nel 1839 a 1450 franchi è salito a 403.000 franchi, un San Giovanni e Paolo del Canaletto a 820.000, un Ponte di Rialto a 874.000. A Vene-zia ella vede, sotto quadri e bronzi e mobili, nomi di racco– gHtori, recenti i più, che hanno speso somme ingenti per salvare all'Ita– lia queste opere costosissime e per adornarne la propria dimora. E proprio lei che in Parlamento rappresenta l'arte italiana, sentenzia che quei rac– coglitori bisogna mortificarli, che « il gusto antiquario va mortificato» e a Venezia più che altrove. Perché ?·Perché anche queste opere italiane salvate dalla rapina vadano fuor d'Italia? Certo no, perché conosco lei e l'ànimo suo. Oh allora? Perché invece di comprare un Tiepolo o un Guardi quei signori comprino opere di pittori e scultori viventi ? Se questa è la ragione, sarebbe bene dichiararla; ma allora bisogna con– tinuare il ragionamento e chiedersi se la colpa sia sempre dei raccogli– tori o dèlla loro ignoranza o snobismo, ovvero sia dei pittori d'oggi. E poi la questione è vecchia, e anche nel '700 v'era chi comprava Longhi e Guardi e chi comprava Raffaello e Correggio, chi leggeva Metastasio BibliotecaGino Bianco

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