Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
La Stella del Nord 337 goscia mortale si distendeva sul suo viso, - abbiate pietà di voi stessi. Chi ha voluto farvi questo male? E perehé? Io ho amato , tua madre quanto può un uomo il quale non ha che un cuore solo, .. per veint'amni non ho nutrito per lei c};lepensieri d'amore. Ho amato tutti voi come miei figli, oome può ulll padre il quale non abbia lllella vita ailtro pensiero che il loro bene. Ma che oosa -sia -sùi,ta la mia vita, chi 1o sa, se non io? Si potrebbe intitola.re : VITA AVVENTUROSA DI UN UOMO COMUNE. « Ah, ah, bel titolo per un romamzo, - esclamò con uno scoppio di risa che mise i brividi in quamti l'udirono : - Perché nOIIl1o scrivi tu, con una delle tue matite, Dialba ? avevo ventisette 0JI1ni, quando una donna che amavo teneramoote, e che era mia moglie ~ tua madre, Massimo - fuggi con un giovaJlle per il quale io mi sarei fatto ammazzare e che tenevo in conto d'un altro me stesso. Ifies si chiamava tua madre, ed era una spagn,ola di Guaya,quil. Io avevo il.asciato da quattro amni l'Italia in cerca di fortuna, e vive– vamo allora a Macaroni, infimo villaggio dell'H01I1duras Inglese, al oonfillle col Guatemala. Essi fuggirono a Puebla, nel Messico, poi a V.era Cruz, dove cercai di raggioogerli, percorrendo a cavallo non so quamti chilometri. Ma, giunti a Vera Cruz, s'imbarcarono sopra un piroscafo, e cosi perdetti le loro tracce. Seppi più tardi che si eramo, :stabiliti ad Atlamta, nella Georgia, dove tua madre mori quattro runni dopo. « Tu ·avevi allora tre amni, Massimo 1 quam.do essa fuggì. Il mio ·sogno era di crearmi una famiglia, _etu rappresentavi per me come il pegno datomi da Dio che il mio sogno si sarebbe realizzato, nOIIl ap,pena la mia estrema pov-ertà, e i disagi della nostra vita di no– madi, mi avessero consentito di poosare a me stesso. Con questo ooico miraggio, di cui quello della fortuna nolll era che il doppfollle, avevo abbandonato la patria. Da noi, ilrl quegli anni, si viveva assai male; uno nato povero come me poteva lavorare come un ladro senza mettere da parte U1I1 quattri1I10, e una ,famiglia numerosa era o un lusso o un castigo. Quando rimasi solo e tradito a quel modo, credetti che il mio sog,no fosse spezzato per sempre. La vita per me non aveva più scopo, e certamente mi sarei ucciso se tu, Massimo, nolll fossi stato al mondo. Ma tu c'eri, e non ti potevo abbamdo1I1are. Ti affidai dunque a una nutrice, e me 1I1e oodai a Guarnavaca, nello Stato di Toluca, d'ove le truppe del presidente G01I1zalesavevamo sedato un pronunciamooto, e mi arrolai nel terzo reggimento d'ar– tiglieria con il graido di capitaino. « Passaroill-o cosi tre lunghi anni, e Ullla sera, trovamdomi di guarnigione a Messico, durante UIIl ballo dato dal generale Diaz nell'arnniversairio della Costituzione, vidi per la prima volta Celeste. Essa IIlOIIl somigliava affatto ad Ifies. Era bella, ma ciò che subito 2% - Pèga,ao. BibliotecaGino Bianco
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