Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

La Stella del Nord 335 . Br-a acduso a q uella let tera u111 foglietto di ipoche r1ghe, nel quale era detto che, st am.ca della vita, aveva deciso di morire. Sa– peva di commettere un atto vile, ma chiedeva di essere perdklnata e compianta. Si rivolgeva a -Massimo, perché pensava che egli fosse il più forte di tutti loro, avendo assistito in guerra a drammi ben più sp-aventosi; e raccomam.dava a lui le persooe care che essa ab– bandonava per sempre. In quel momento un vecchio cenciaiolo, di nome Porfirio, che era andato a raccogliere sulla bassa scogliera di Punta Pecorella i rifiuti del mare, e se ne tornava stanco, c001 il sacco mezzo vuoto e lllila lanterna appesa a, un unci!Ilo, alma111accandoquanto ferrovec– chio avrebbe potuto ricavare da quella carcassa di nave che si ve– dev,a emergere nera poco fontruno, se fosse stato possibile tagli-arla a pezzettini, scorse quailche cosa biancheggiare sopra nn piatto -scoglio che la ba-ssa marea aveva lasciato scoperto. Egli 11100 era uomo da non togliersi la curiosità di vedere che cosa fosb-e quella specie di viluppo informe che il mare, tanto avaro, gli buttava fra i piedi. Saltò dU111que agilmente, nonostrunte il buio e i suoi molti anni, verso quel punto, e vide, al lume del suo lantemilllo, un corpo di donna che riposava per sempre, con u!Ilbraccio disteso e la gota posata su quel broccio, al murmure lento e unifurme delle O!Ilde. Vide a111che che alla sua mano brillava1110alcu1lli anelli, ma, pur soffrendo amaramente di quella rinu!Ilcia e maJedicendo la sorte che si divertiva a canzonarlo, egli non fece altro che vuotare il suo sacco dei pochi cenci e rottami che conteneva, e distenderlo con urn gesto pio su quel capo inrunimato. Poi, arrancando con le sue vecchie gambe, curvo e sconsolato, si mise a correre verso la città che con i suoi mille lumi guard'ava indifferente avvicinarsi la sua pic– cola e fioca lruntertlla di cenciaiolo. . - Perdonami, Massimo, - diceva piangendo Benedetto : - Io non dovevo ap,rire questa lettera. Ma è stato più forte di me, lo capisci? - Calmati, -calmati, non hai fatto male che a te stesso, - ri– spondeva, Massimo, abbracciam.dolo tellleramente, mentre cercava di asciugarsi nella manica il viso grond3.111te di lacrime. - Egli ci ha ingannati tutti quanti! - esclamava, Benedetto, con un imiprovviso scatto di ribellione al suo proprio dolore : - Egli è la causa di tutto. - Poi rompeva in nuovi singhiozzi, e balbettava disperatamente: - La mia mamma, la mia mamma. - E io ? - chiedeva Alessrundra, coo lo sguardo a terra, pallida e disfatta: - Ohe cos'era pt>r me? E io chi sono? Biblioteca Gino Bianco

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