Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

La Stella del Nord 333 città, i conventi, le chiese, gli alberghi, da per tutto urtando oontro uomini insensibili al pensiero di una disgrazia soltamto ipotetica e che n001 li toccava direttamente. Nessuno pensò al vicolo delle Tre Marie, e ben presto la città, picoola e povera com'era, COlll le sue proporzioni e la sua vita di pollaio, 111On òffri più nessun appi– glio al loro febbrile bisogno di crearsi 111uovi dubbi e nuove illusioni, lasciandoli soli e senza speranze al loro dolore. Era già buio quamdo qualcuno dette uno strappo al campamello della strada, e una voce ben nota gridò : - Lettere ! - Poco dopo Serafi111aentrò, portando una busta color -di rosa. Con UillO spa– vento che a u111 tratto la privò di'ogni forza, Alessandra riC0111obbe su quella busta, dalla quale esalava U1I1 profumo volgare, i carat– teri di sua madre. La lettera era indirizzata Al Capitano Massimo lupiter, e in un angolo era scritto e ,sottolineato due volte: A lui. Quando poté alzarsi dallo sgabello su cui era seduta accamto al 111onno e, cerca111dodi vincere con uno sforz,o di volontà il tremito delle sue ginocchia, avvicinarsi alla tavola, per osservare quella busta al chiarore del lume, Alessandra vide anche che essa portava il timbro della città, e la data di quello stesso giorno. Massimo non era i111 casa. Rientrato con suo padre p-000 prima dell'imbrunire, era di 111uovo uscito ooill lui, ,per oorrere alla stazione ferroviaria dove certo, -se fosse partita (e nessuno ci aveva pensato prima)· il suo abito da ballo non poteva essere passato ÌlllosseTvato. In casa, oltre al nonno, noo c'era che Benedetto, amch'egli rientrato da poco, e AJessa111 dra,corren do da lui, lo trovò disteso sul letto, con le mani Ìillcrociate sotto.la nuca, nella sua posa abituale, e gli occhi vagamti fra ,gli arabeschi del soffitto. Essa gli porse quella lettera, e Bene– detto prima ancora di prenderla impallidì, più biamco del guan– ciale che aveva sotto il capo; e, alzandosi di scatto, con uno strappo lacerò la busta, e lesse quanto segue: « ,Massimo, « scrivo a te, e a te solo, perché, dopo qua111to è accaduto fra 111oieri sera, e quamto sta per a:ccadere fra poco, verso di te io mi sento colpevole più che verso tutti gli altri, ai quali pure avrò \fatto tanto male. Io voglio essere perdonata da te, Massimo, e mi illudo che quamdo tu mi avrai perdonata, sarà più facile a te otte– nermi il perd0010 del babbo, d'i Alessandra, e soprattutto di Bene– detto,. che raccomando alla tua ,pietà e al tuo amore come potrei fare di me stessa, se dovessi contÌIIluare a vivere. « Quello che tu devi sapere, Massimo, per perdonarmi, è che io 1110111 sono tua madre. Tu hai avuto un'altra mamma, che è morta molti anni or s01110. Se una sciocca vanità 1110nm'inganna, io credo di essere stata durante tutto il periodo della tua, Ìillfanzia e poi, filllo a che tu IIlOn ci hai lasciati per andare alla guerra, e anche dopo, BibliotecaGino Bianco

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