Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
326 U. Fracchia, ciando Alessandra e rompendo in sm.ghiozzi, il capo abbandQ([lato sulla sua spalla,, - andiamo via, fuggiamo amche noi! Andiamo a vivere lo111tamo, 111oi due soli, in un'isola deserta, sopra una montagna, dove non ci ,siano uomini, 111é donne.... Mamma, povera mamma! Il servo 00111 la lamterna si era •allontanato, ma ora tornava i111- dietro. Quella luce richiamò alla realtà Benedetto. Riprendendosi con uno sforzo sul ciglio dell'_abisso in cui la disperazione stava pre– cipitamdolo, egli cercò di guardare la realtà co111 freddezza, ma essa no1I1 gli apparve per ciò meno triste, né egli vide chiaro come affro111 · tarla. Il servo non aveva trovato nessuno, 111é udito iilulla. Quell'an– o-olodel o-iai,dino era perfettamoote silenzioso e deserto. Alessandra b b . e Benedetto scambiarono poche parole sommessamente. Troppo tardi, ,ormai, per tentare qualsiasi ricerca o inseguimento, essi sta– bilii,ono di non comunicare il loro segreto a 111essu!Ilo, fuorché a Massimo, più tardi, quando fosse stato possibile parlame a lui solo. Così, tenendosi per la mano, tornarono adagio e in silenzio verso la villa. Benedetto era molto abbattuto, e no n faceva che sospirare. - Coraggio, - gli disse Alessandra, q uam.do la viva· luce della porta spalancata li ililvestì i!Ilpieno : - Ora bisogna essere forti. Tornavano anche gli altri, e i servi via via soffiavano nelle lan– terne. Su tutti i visi era dipiinta la più grande perplessità. Nessuno sapeva più che cosa dire, e gli occhi si posavano sul maggiore Iupi– ter con un misto di i!Ilquietudine e di .paura. Egli era cupo, assorto e, tormentmndosi nervosamente i baffi fra pollice e indlice : - È strano, - mormorava. - non riesco a capire .... È un mi– stero che non mi spiego. Si vedeva che mille ipotesi attraversavano la ima mente, e che ad una 0Jduna egli le sc.a.rtava come assurde. Anche Massimo appog– giato allo stipite della porta, se ne stava a capo basso, muto e acci– gliato, pieno di tristi presentimenti, ma vuoto di propositi; e anche per lui quella scomparsa era un mistero impenetrabile. Pure gli pareva che, se avesse osato rompere un certo ostacolo, oltrepassare una certa ombra, seguire fino in fo111do un'idea che gli balenava, CO!Il· fusamente negli occhi e che egli abbandonava con orrore, forse u111 po' di luce si sarebbe fatta m. quelle tenebre dolorose. Passava il tempo, ed essi se 111e stavano tutti in piedi sotto la pensilina illu– minata . .sHenziosi e co111 il viso ri_voltoal cancello., E già s'era schia– rito debolmente il cielo, quando, staccandosi di là ·come automi a . a· ' pie .1 !ie ne·tornaro1110 a casa. LIII. Marcelìo no~ piangeva più. Seduto sul letto, ora egli guardava Celeste che, corrnata al suo fianco, co!Ille due mani congiunte fra la gota e il guanciale, gli occhi chiusi, pareva addormentata. Egli sa- BibtiotecaGino Bianco
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