Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
Il servitore del Diavolo 309 modo di camminare a papera : tacchi assieme, e le punte delle scarpe divaricate come oam.minano gli Orientali. E gli scorgevo le ·palette delle spalle, sporgenti tanto, che la giacchetta ad~rente ai due ossi acuti, in quei due punti aveva cambiato colore. Guardai se verso l' osso sacro ci fosse stato l' accen1110 della coda. Non mi parve di scorgere una sporgen00, che giustificasse il mio sospetto. ~Ia le palette delle spalle eraino tali e quali quelle del mio padrone: le vedevo bene, dalla scolorit a sto ffa in quei due punti.. .. E poi gli uomini in generale no111 ha/I.I.no le due palette cosi tamto pronun· ziate. Il padrOIIle mi aveva spiegato la ragione di quella conforma– zione. E nell'armadio c'è pure una cruccetta speciale per riporre la ,giubba del padrone perché 111o;n si affrittelli. - Li al posto di quelle palette ci s01110 state staccate le ali . prima della dli.scesa. · E Giuda adesso visto di dietro, mascherava ai miei oochi, meno che visto davanti, la sua origine. Ora capisco quando parla del Regno, questo Lucifero nato in terra di Giudea! È bello però iI suo esilio errainte per il mondo, sicuro soltanto della terra che pesta con i piedi. Superbo. Negatore di tutto. Superbo di che ? Superbo di vivere eroicamente la sua vita che è nulla? Questo mancilllo è tamto nulla che nemmeno può con la destra toocarsi la fronte. Ep– pure è genio della ragione, e discopre a me ignoramte le belle cose che mi parevan mistero. Qui mi assillò il dubbio, che questo Lucifero maincino fosse lo stesso mio padr0111e,capace di assumere gli aspetti che vuole, e di essere 111ello stesso tempò più persone ed in diversi luoghi. Se il Diavolo mio padro111e, fosse Giuda, mio amico e maestro? Il. 1 Nella strada dietro il cancello del giardino, si eramo radu111ati ìntorno ad un falò i ragazzi di una scuola vicina, 111ell'oradi mez– zògiorno. Una babele di lingue levamtine aspirate e dolci; alcU111aera come il bel miagolare dei gatti soriami in amore : gatti tutti pelo con un filo di voce, smemorati davanti alla gatta amica, oon due stelle per occhi; uno smeraldo e l'altro nero lustro. E quando mia– golamo par che sospirilllo. Certo nella loro favella sono armoniose parole d'amore al confronto delle quali, quelle degli uomi1J1ideb– bono essere ragli d'asino. Il Barberilllo aveva intanto levato con le molle i carboni più grossi e più ard,mti dal braciere, e ridotto il fuoco alla poca car– bonella :fioca, opacata dalla propria cenere. Ogllli carboncilllo ar– deva consumando la vita, fino l'ultimo punto, fasciandosi di oenere birunca. Quelli cbe resistevano di più apparivamo oome rubini co- ·iblioteca Gino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy