Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
296 E. Allodoli l'unico scrittore morto ammazzato, 1Delvero letterale senso della parola, senza metafora. Ve ne sono stati condannati a morte (Col– lenuccio, Niccolò Franco, forse il Bonfadio), ma si tratta d'altra cosa. Lorenzino ,d.e'Medici, :i;aggiU1Dto da' sicari dli.Cosimo, più che uno scrittore è 111D uomo politico. E non penso, nel fare questa •statistioa, ai morti 1Dobilmente per la patria 1(Mameli, Poerio e i contempor31Ilei caduti nella grande guerra.) Escludo i supposti morti per veleno (Berni, Boccalini, Guicciardini), perché, rispetto a loro, si trova selll!Pre qualche erudito spolveratore di archivio che · viene a dirvi non essersi trattato di veleno, bensì di miserabile colica prodotta da indigestione. Lascio stare i suicidi (sommamente problematico e incerto il caso di Pier della Vigna: pochissimo im– portalllte il Lomonaco, come il Benedetti e qualche altro) ; noi, poi, è notorio, non abbiamo i morti per fame di cui si vantalllo altre let- · terature (Chattèrton, Gilbert ecc.). Dunque, mentre gli scrittori italiani sono qùasi tutti morti, avanti il 1915, nel loro letto, fra cataplasmi, fomenti o ,siringhe, secondo i ,casi, il Davila spicca per la specialità della sua morte, pure sipiccando per la diversità av– venturosa della sua vita. ,Seco1Ddo: ·un uom;o che si chiama, come nome di battesimo, En– rico Caterino non è facile a trovarsi, fra tanti Luigi, Franceschi, Giuseppi, Pietri, Oarli, Guidi, .Antoni, Vincenzi, T,ommasi, Giro- lami della nostra storia letteraria. ' Poi c'è ancora questo: il Davila è uno scrittore rappresentativo di qllelli che vissuti fuori di patria per tanto tempo non hanno di- . menticato affatto l'Italia: è il più insigne autore, degli Italiani all'estero. E fra tu,tti gli scrittori veneti ha UIIl posto suo: non è lan– guido, no1Dè 1sentimentale, 1Donè tl'oppo allegro, è preciso senza essere freddo. Nolll ha la' vivacità di conversazione di molti tra essi, per il genere di scrittura che prescelse, ma è ben lui, diverso dagli altri che hanno quasi tutti qualche cosa in comune tra loro, dal Bembo al Vittorelli, da Bernardo Tasso al Pindemonte e al padre Cesari, da Marco Polo al Niev_o. Si distingue dal Sarpi, che nelle scritture è troppo scienziato e trop[PO :filosofo: somiglia, se mai, al ,Da Porto, ma questi ha scritto troppo poco perché ci si possa servire di lui come confronto. Infine, H Davila, italiano, è lo ~torico di Francia, vasto, gra:nde, possen_te i afferma col fatto, e non con le chiacchiere, quella che suol d1rs1 la comunanza delle due grandi stirpi, la solidarietà spi– r~tuale !31ti~a: E a tutti questi motivi esteriori, dli.eia.mocosi, si ag– gmnge 11più importante ; questo, che l'Istoria del Davila è un'opera ?'arte e 1Donp~r nulla pi-acque talllto e per tanto tempo al publ)lico mtellettuale d1 tutta Europa. . · • Ci lavorò per circa trent'anni, e, ·avanti, l'~veva vissuta,· codesta storia, giomo per giomo ; aveva visto, in persona, i protag01Disti, i Biblioteca Gino Bianco
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