Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
Enrico Oaterino Dai•ila 295 sole, i venti, la pioggia, finché cadono poi a poco per volta in mi– serabili pezzi. ... Così morì, in un giorno di maggio del 1631, Enrico Caterino Davila, gentiluomo, guerriero, e forte scrittore. L'anno prima aveva phbblioato un libro che ,subito si diffondeva :im Europa e stava per costituire quello che si dice un successo editoriale di [Prim'ordine: con traduzioni in inglese, in francese, in sipagnolo, con edizioni ita– liane a bizzeffe .... l'Istoria delle guerre civili di Francia. Un suo avo, uno sipagnolo di Avila, recatosi a cercar fortuna a Cip,ro, era diventato fedele a San Marco : suo padre, cacciato per l'invasione turca dall'isola, rifugiatosi a Padova, con numerosa figliolanza, aveva dovuto emigrare, per sostentare la famiglia. In Ispagna, c'era poco da far bene : meglio in Francia, dove Caterina proteggeva non i soli fiorentini, tra gl'italiani. Tornato in Italia, ebbe un altro figliolo a cui dette per riconoscenza ai sovrani fran– c,esi i 111omi di Enrico e di Caterino; inac,que a Pieve- di Sacco, nel [Padovano. Anche per questo era segnato il destino: settenne, fu portato in una provincia francese dove una sua sorella era moglie d'un prode nobiluomo e maresciallo di Francia: adolescente an– cora, elegante e svelto, già era alla Corte, dove se non fosse morta Caterina e sc,omparso Elllrico terzo, sarebbe arrivato lo111t8Jllo. Ma gli restava la spada : e sotto Enrico di Borbone militò valorosa– mente; accanito combattente, fu più volte ferito. Il suo servizio militare fu molto glorioso, ma nella voluminosissima storia non parlò mai di sé, citando solo il fratello Luigi, che era stato uno dei gentiluomini addetti alla guardia della Regina Madre. Fatta la pace, non cercò ricompense; e tornò alla terra nativa da cui era stato lontano quasi vent'anni, gli anni formativi di un uomo. Il padre s'era ammazzato in un accesso di follia: il reduce mise a profitto l'intensa cultura anche letteraria accumulata nella corte italo francese e negli aruni di guerra; fece il letterato e il p,oeta, in tono minore, ma abbastanza 1perazzuffarsi a Parma con il pugliese Stigliani, piccolo e bizzoso dittatore letterario d'allora. Per non smentire il suo passato militare, il Davila volle concludere con un duello la polemica : rimase ferito, ma stese quasi morto l'avver– sario, il quale la scampò bella davvero. Poi si mise col governo veneto per funzioni retribuite e fu a Creta, in Dalmazia e sul con– tinente come comandante e rappresentante del. Governo. E dei molti figlioli suoi, il maggiore, Giovannantonio, fu l'animoso ven– dicatore della sua morte. I motivi per cui io ho sempre avuto una grande simpatia per Enrico Caterino Da..vila, sono pareochi e tutti singolari. Li voglio enumerare. Primo: la sua morte violenta, in rissa, provocata da una turpe forza bruta. Il Davila è, credo, nella nostra letteratura, BibliotecaGino Bianco
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