Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

L' Epistolario di un poeta 291 In altra lettera la Stael parlò con disdegno della poesia d'imma– ginazione e allora il iMonti si senti punto proprio sul vivo : « Si vous n'aìmez guère di sentire che la poesie est fille de l'ima– gination, voi meritate pm compassione degli Arcadi E1 giudicherete sem– pre a traverso. Deridetemi quanto volete, ma persuadetevi che il solo cuore non ha mai fatto un vero poeta. Taccio d'Omero e d'Ariosto, i cui poemi son tutti quadri di fantasia, taccio di Orazio e di Pindaro, le cui canzoni sono tutte immagini; ma Virgilio, il delicato Virgilio, non ha egli qualche cosa di più che l'unico sentimento ? Se limitate alle sole impressioni patetiche la poesia, pigliatevi l'Eloisa, pigliatevi la Cla– rissa e piangete; ma non andate in collera, se altri ama qualche volta di scherzare e di ridere con Anacreonte, e preferisce la toletta di Venere ai dolori della Madonna. Insomma, voi non vorreste nel poeta che una passione, e il poeta deve aver lingua e colori per tutte, né tutte sono dolore .... Vi chieggo perdono, ma pregovi di non molestare le mie opi– nioni su q·uesto pitnto. » Qui il tòno della risposta è assai duro; altrove dliventa villano addirittura. La Stael coofessa che le g:vrundiopere d'arte di cui si adlorna l'Italia commuovono poco il suo animo, e il iMonti allora perde il lume degli occhi (lettera del 6 aprile 1805) : « Mi dite di non esser molto sensibile allo spettacolo delle belle arti. Desidero che l'abbiate detto a me solo e ch'io sia solo a soffrire il dolore di questa strana sentenza. Per tenere questo discorso senza detri– mento della vostra fama, aspettate, vi prego, di esser fuori d'Italia, e dite le vostre ragioni ai dirupi della Svizzera e alle nevi del Monte Bianco. Che vi rapisca l'arte di Sofocle e di Euripide va benissimo, ma <:he non abbiate né cuore, né occhi per l'arte di Fidia e di Apelle, questo, mia cara amica, è un gran male e non è colpa di questa bell'arte, se non vi tocca. » Poi il Monti si avvede di essersi lasciato rundare all'impeto della sua natura e si scusa: « Non so se in questo discorso entri un poco di collera. È che vi amo, e che mi fa pena tutto quello che può giustificare la severità dei vostri nemici.» Certo quando il Monti ebbe notizia che la Stael stava scrivendo un libro sulle sue impressioni italirune deve aver poosato quello che poosò e disse il Goethe: « Essa è incapace di capire l'Italia.>> Ma in ciò s'ingalllnavano. Il libro Gorinne ou de l'ltalie (1806) noo ha certo nulla che fare col diario del Viaggio in Italia goe– thiano ; nemmeno è il libro di un esteta, di un innamorato delle belle forme, delle belle linee, di quegli aspetti del paesaggio e dell'arte italiana di cui meglio si può fruire cogli occhi e coi sensi. M~ la Stael ha visto profondo ÌIIl Certe pieghe riposte dell',runima nostra, e con ,simpatia divinatrice; ci ha fraintesi qualche volta, ma più spesso ci ha compresi, e non le è sfuggita quella aspirazione torbida. ibliotecaGino Bianco

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