Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

290 A.. Galletti tetiche della Clarissa del Richardson o della Giulia del Rousseau sono :per lei i termini estremi del bello poetico. Ma questa loro estetica puzza di r3Jilcido e di muffito. La poesia è l'ooelito dell'es– sere finito verso l'infinito, è la scissiollle spirituale lasciata in noi dalla coscienza della mostra caduta e della rieoessità di una reden– zione, è il ricordo risorgente dli tratto illl tratto 1I1eglisp,iriti, di quelle antiche verità che abbiamo posseduto daipprima misticamente e che abbiamo poi dimenticato : è esclamaziollle, grido, lacrima, segni che alla fantasia parlano assai meglio di ogni più armoniosa espressiollle; è l'ineffabile, che la parola tenta iinvano di circoscri– vere.>> Fra quei tre disputanti la vittoria sull'avvenire apparteneva al tedesco; nelle pieghe del suo mantello prussiano egli portava cento e venti anni di estetica modernissima e quasi futurista. Certo è che per la signora di Stael e per il :Molllti quel primo incollltro e quei primi colloqui furono un incanto. ,Si separ-arono ot– timi amici, di quella curiosa amicizia che allora usava tra i devoti di Ossian e del Rousseau, 1,aquale dava presto Ullltuffo nel pa– tetico e si colorava di sentimentalismo amoroso; ainzi le lettere della ,Stael ,sembrano proprio, a volte, di donna innamorata. Scam– biavano consigli letter,ari, si iiniziavano reciprocamente alle riposte bellezze della poesia italiana e della fraincese, declamavano i passi più belli dlegli autori preferiti, e la Stael divenne sviscerata ammira– trice di un sonetto del Minzoni sulla morte d'i Adamo dopo di averlo udito declamare dalle labbra del Monti, e il Monti prese a tradurre ullla scena della Fedra del Racine per far piacere alla Stael. Quando la scrittrice lasciò Milano prosegueE.do il suo viag– gio per l'Italia, le lettere scambiate tra i due furo1I10frequenti e affettuosissime, ma, cosa singolare ! quando parlano d'arte o di poesia non/s'intendono più. Il Monti aveva co1I1sigliatoalla Stael di leggere il Parini. Essa si feoe UIIl dovere di conoscere il Giorno, ma non le piacque : · << Questo Parini che fa dei giuochi di bravura colle parole, come il Marchesi fa colle note (essa scriveva) mi interessa poco.· •È un' imi– ta,zione del Ricciolo rapito del Pope e vi trovo un'ironia continua senza vera comicità .... Ci si può trovare un piacere da eruditi (un plaisir savant), ma io cerco impressioni n:aturali, im.m.ediate che vengano di . 1 ' vena e grnngano a cuore: tutte queste poesie fatte a· mosaiço non val- gono un abbozzo di genio. » E il Monti, d'i rimando, ilil una lettera del 28 febbraio 1805 : / « Il Parini, in più luoghi, è quale voi lo definite; ma voi date tutto al cuore e niente allo spirito, niente all'eleganza, niente alla grazia del– l'elocuzione, pregi che niun conoscitore dello stile oraziano e della lin– gua italiana può contestare a quell'esimio poeta. » BibliotecaGino Bianco

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