Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

280 A. Galletti di gusto e di garbo. Alllche 111elle altre letteraiture v'è ricchezza"di schietta poesia, « di 1quella poesia cioè che trasporta, che commuove, che penetra, e che, immergendo l'anima nel sentimento del poeta, ci fa dimenticare delle parole con cui si esprime.>> E irn alcune sue Riflessioni i111 risposta a certe Postille critiche del Vannetti, il iMonti, e-olla spregiudicatezza di un 111ovatore,po111e taluni poeti moderni più su degli antichi: « Cornelio. Racine Volt~ire e persino Shakespea1·e, sono pieni di sentimento, di' affetto, ~i quali non giunse né Sofocle, né Euripide; Mil– ton e Klopstock d'immagini e di pensieri non mai sognati da Omero, molto meno da Virgilio; Gessnell' di grazie che non conobbe Teocrito e Boileau di riflessioni alle quali Orazio giammai non pensò. Un uomo tli buon senso e docile deve p11enùere per guida e norma dei suoi giu– dizi la. ragione, non mai l'autorità.» (Cfr. Epist., I, 127). Sul buon gusto di certe preforenze mo111tirune ci sarebbe da dire; ma in quegli anni giovanili egli stimava che i campi ormai mietuti del clas~icismo erano arringo troppo ristretto all'audacia conquista– trice della sua arte; lo attiravano la poesia dei ,Salmi e quella di Ossian, la sublimità del Milto111 e l'eloquenza del Klopstock, le grazie elvetiche del Gessner e la versatilità sonora del Frugoni; si diceva tormentato da un indomabile furore tragico, parendogli la tragedia quella forma di poesia a cui propriameinte la Natura lo aveva creato, e da buon settecentista, rapito di ammirazione per la nuova imma– gillle del cosmo che la Scienza gli offriva, peinsava di rf~rlllepoeSlia e runnunciiava al Vanllletti di meditare U1I1 poemetto (Epist., I, 162) « so– pra l'armonia del Liebnizio edJun altro sopra il vincolo della poesia colla filosofi.a.» Poi la 111ecessità,l'abitudine, il debito ossequio ai suoi « Signori e padroni», lo richiamavano ai versi di occasione ed egli sentiva più pesante la ,catena della domesticità letteraria. 'Ah la sorte è molto dura verso i poveri letterati a corto di quattrini e bisognosi di sinecure deCffiltemente rimunerate! Questa duplicità rassegnata, che comprime spesso o dissimula il seintimento dell'uomo affim.chélo scrittore, come artista ed arte– fice, abbia le mani più libere e sia più pr0111toa far della parola l'arme o la reliquia, il calice o il gioiello che altri gli chiede, ha, co111dotto il Monti a formarsi un'.idea del poeta a.ssai curiosa, ma che, nel suo caso personale, è giusta, o almeno veridica. Il capriccio e la meschilila vanità dei potenti, nel cui arbitrio è tutta quanta la vita sociale e perciò anche la fortu111adell'arte, vietruno a chi scrive d[ ascoltare la voce del sentimento e di esprimerla francamente; ma al poeta rimane sicuro ed inviolabile il dominio dell'immaO'inaziorne. Qui egli è sicuro ed esercita diritti sovrani. L'arbitrio degli sciocchi gli può intimare ~urameinte : parla o taci; ma qua111d'o egli ha ilil– forcato Pègaso, « 11 gran caval che ha l'ali», e lo ha spinto a volo BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy