Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

L' Epi,tolario di un poeta. 275 scrupoloso', ricercatore libero e appassionato del bello, ed a~che bùon cortigiano, versificatore docile delle idee o dei capricci altrui e desideroso che ai versi sonanti rispo111danoso111001ti compensi. Io ,I)'.li guarderò dal dlir male del « letterato )), anche per non far coro agli energumeni dell'ispirazione e alle otri mal gonfie del li– rismo romantico, che ne hanno detto ta01ti vituperi. Il letterato, in– somma, è originariamente e nella sua espressione più ingoo.ua colui che vuol dare forma consapevole e valore umano all'incosciente ener– gia poetica. Egli raccoglie ed iillcanala la tenue vena segreta della fantasia lirioa e ne fa sorgente che disseta o rivo che nutre lu111go i'l suo corso i germi della vita; rappresenta la probità laboriosa dell'ar– tefice, senza di cui la visioille e la contemplazione non diventerebbero mai cc pòesia )), cioè vita spirituale tradotta iill simboli e capace dli app·11ender,siad altri spiriti e di rivivere in essi. La coscienza lette– raria. è la forma sociale dell'ispirazione p·oetica. Il poeta, per uscire dal suo tacito rapimento e comunicare coill altri uomini illel segno della parola, si riconosce artefice e iilldaga quanta parte della 111ostra vita fruntastica <possa essere esp,ressa e quale ne sia la più efficace espressione. L'a,edo e l'aruspice, lo scaldo ed il bardo erano quindi i «letterati>> per eccellenza del loro popolo o della tribù, poiché co- 111os0ev-ano ,soli e volevano riserbate a sé, come propria ricchezza e religiosa iniziazione, le parole, i ritmi, le cade.Q.zemusicali colll che il pensiero ed il sogno si manifestano ; soli potevano dar voce alla passione dell'anima comuille tra una moltitudine che aspettava colil desiderio il loro messaggio. Il letterato era colui che possedeva la parola, che conosceva il mistero della cc lettera>>; la quale può tal– v,olta uccidere lo spirito, dice la sentenza biblica, ma senza della quale lo spirito è muto. Poi egli cadde d'a questa altezza in luogo assai basso: divoo.ne mestierante, corti,giaillo e piace111tiere;la parola noill gli servì più a scoprire in sé il significato della vita ,sentimentale e ad esprimerlo in appassionata comuniolile spirituale coi suoi ascoltatori, ma a simulare sentimenti estr3dlei alla sua aillima, a lll8iscondere interes– sate menzogne sotto un'armooiosa parvenza di verità. La raffina– tezza delle società culte ebbe il letterato adulatore, il letterato dif 0 famatore, il giustificatore melodioso del vizio e del tradimento, il retore-pitocco, abile a mascondere la sua vigliaccheria morale sotto Ulll'amp-iatoga di 1I1obi1i parole e di frasi sonam.ti. La decadenza greca e la latina oonobbero tutte le forme degenerate e perverse di quello che in età più ingenue e più forti era stato un ministero religioso e l'Italia, precipitante in servitù o rassegnata ormai al servaggio, degli anni che corsero ,tra il cadere del secolo XV ed il prililcipio del XIX, vide pullulare in tanta abbondanza i letterati cortigiani e i letteratucoli pitocchi che intorno a quel nome rimaise per lUlllgo tempo quasi UIIl al<me di ridioolo o di infamia. ibliotecaGino Bianco

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