Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
266 M. Moretti vera natura il seo-reto della tua impotenza! Forse t'accorgeresti ' "' .. d 1 che c'è qualcosa d'antipatico in te, un vizio del cuore, u_nv1z10 e - l'arte, qualcosa ·d' « iro111ioo-sentimentale>> che ben s'add~ce alla, me– diocrità dei modermi ed è espressione così blanda e pudwa e di cosi bam.al, e induÌgenza. p~r ciò che tu ·sei, col tuo ·nome 111oto, immutabile. Per qu anti anni hai godut o fama d'uo mo, quasi di giovi111cello, te– nero e mite? Tenero, mite, rmellifl.uo, si che parevi Ull1 poco malato come lo fu perfino il tuo D' Arununzio quando modulava le sue Or·– nelle, le sue Sirenette, e invece eri sano e avevi tutti i tuoi denti e magari gli unghioli. Ti credevano umile, poverino, come se vera– mente potesse essere umile, senza vanità e senza posa, u1110 che scrive· e che pubblica, uno che va pei giornali. Quando u111 bel giorno ti sei levata la maschera co111 u111a smorfia di 111ausea, la tua vantata umiltà ossia il tuo pazzo orgoglio ha creduto che facessi scoppiare anche tu il tuo piccolo shrapnel letterario. ((Non sono rmite, non SOIIlO be– nigno.>> E non eri tu 111emme111 senza maschera. Perché, col tuo mi– stero, 00111 la tua retice111za,hai dato a credere di saperla lunga fin trorppo, ,d'aver accumulat.o in tanti· an111i troppo fiele, troppo ran– core! Ebbene, quali sarebbero i frutti della tua esperienza. se sei stato davvero per tanto tempo in disparte, se hai veduto ,senza esse~ veduto ? E che cosa sarebbe questa esperienza se no111 alcU1I1chédi diabolico ottenuto quasi i111 cambio del sacrificio temporaneo deJla sua personalità? Va', non sei né buono né cattivo; no111 sei diverso– dagli altri; se è vero <:.he 1110n vi è per ciascuno aspirazione così men– tecatta come quésta d'esser << diverso dagli altri>>; e tu sai booe che cosa sei, adulatore del passato, calu111niatoredel presente e dell'av– venire. Prova, prova d'uscir dalle file della tua gooerazione lette– raria, o ironico-sentimentale ! Quanto al passato, io sono in perpetuo disaccordo co111 quelli che· tengono il campo. Il passato è la mia sola ricchezza e, dirò, il mio avvenire alla rovescia. D'ora Ìll1 poi se vorrò attingere acqua da bere • 1 la attmgerò da quel pozzo, abbastanza fondo per essere un pozzo della verità. Tutta la fede, tutte le speranze che si soglio1110 mettere nell'avvenire, io le metterò nel passato, e se una frase fatta come << ipotecare l'avvenire>> avrà un senso per me vorrà dire che ipo- . techerò propri~ il passato fino ad annettermelo tutto, fino a divo– ritrlo· come le ipoteche divorano la proprietà di u1110 stabile. Ohe m'importa di quel che mi riserba la vita ? M'importa di quel che ho già visto e che voglio rivede1·e e rivivere, non più a modo degli altri, 1I10111 più a modo del destino, ma sì, filllalmente, a mio mod:o. Perché no111 c'è altra padronanza, che quel che fu nostro a metà e rito:rllla in nostro possesso esclusivo solo che il cuore e il cervello camminino come io so farli cammill1are: da gamberi. Tutto ciò non m'impedisce di riguardare con taclÌ.to e Ìllltimidito rispetto coloro che son tutti tesi verso l'avvenire e son costretti ad agitarsi, ad .,.
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