Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

262 M. Moretti di miti di' Abruzzo svolo·entesi sulle aie e nelle grotte, e per di più ) b . ispirata dal quad:ro del Michetti La figlia di Iorio eh' e~a stato •~sposto nel 1897 a Venezia, menando un certo scalpore pe~ via d'una figura senza testa. Dopo gli sciamiti, i màlng·ani, i torc1eri e le alt!ìe cose di O'ran lusso ecco dunoue gli orci, i trespoli, i fusi, le fiasche b ' -:i, • fatte di zucche vuote le tavole cariche di caci e le fiinestrette m- ferriate. Rimaneva p~rò la ltlssuria; ché tutti quei rozzi bifolchi cosi sconciamente seduti a divorar con ,gli occhi l'ammantata, la figlia di Iorio, dicevan pure qualcosa dell'idea del poeta e _dell'am: ti co s angue im. Abruzzo. Infatti solo la lussuria poteva a1 nostri o ~e.hi salvar· l'estetismo, cioè la Bellezm, dall'arcaica volgarità dei fi aschi di zucche e delle formelle di caci. Ora si diceva che la grande tragica fosse impaziente di mettersi im. capo il panno rosso e di calzare anch'essa le ciocie; ma non pa– reva cosa credibile e II10il1 parve rnemmeno quand:O sapemmo che trat– tavasi proprio d'una bagasèia di fratta e di bosco, putta di fenile e di stabbio. L'immagine ultima della Duse, quella che rimaneva fissata nel 1I1ostrocervello per sempre, era la ciec.a della Città mort(l nella dolorosa preziosità del suo peplo, levata fra due colon1I1edo– riche sullo sfo1I1dodell' Argolide sitibonda. E rnon dico il lllostro stupore quamdo il maestro ci rivelò le incertezze della signora per ullla grande e inimmaginabile parte d'attore nella 1I1uovatragedia, ché lllon vedeva nel III.ostromondo, per quanto chiedesse, per qu3Jilto cercasse, un artista cui si potesse adattar quella parte. Questa era proprio la volta che lllon voleva ull!l. gran mestierante, di quelli che la san lunga, colil.sumati e scaltriti fino alla nausea: occorreva in– vece un rozzo, un ingenuo, un primitivo, Ulll « poverilllo >> per la parte di trasognato. Faceva un esperimento. Si sarebbe umiliata davanti a questo ig1notissimo, a questo puro, a quest'amima bella e un po' si– billina. C'era? C'era 1I1elvivaio di via Laura qualcosa di simile? Un puro, nient'altro che un puro! Credo che a questo pU1I1to il maestro insistesse chiedendo a1mooo qualche particolare sulla perso1I1alitàdi questa figura scenica prima di dare il responso. Probabilmente la signora, per IIlOrn far troppe ri– velaziollli, e leggermente irritata, se la cavò dicendo che lo strano . personaggio era come uno che ha dormito settecento an1I1i,e ripeté nn solo verso : Madre, madre, dormii settecent'anni. Allora il 1I1ostrobuoo maestro, colll un coraggio da leone, fece il nome d'uno di noi. ,Ma si, l'ultimo venuto, il trasognato il sel– vaggio, il compagno ignorante ch'io avevo cercato invarno di ~ducare all'arte e alla grazia! Ma che cosa contav3illlo più, per UIII. simile esperimento, l'arte e la grazia? Va', va', cosi come stai d'ivino ignorante, cosi arruffato, così goffo, cosi primitivo, col tu~ vestito BibliotecaGino Bianco

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