Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

378 C. PELLIZZI, Le lettere italiane del nostro secolo esigenze ai più accesi nostri estetici desiderii, l'Ariosto, mettiamo, o il Cellin'i? (E infatti.. .. ). Altri, meno iniziato e saputo, si chiederà: e che cos'è alla fine questo novecentismo per cui tanto reo tempo si volge? Ma sono tutte obiezioni, punte, ironie che non fanno e non :ficcano. Ha ragione il Pellizzi. Dico che ogni volta ch'egli rivela aperti i suoi gusti, e prende partito, e fa allo scoperto il suo tiro, lì egli è bUon critico,. e lì ha ragione. Ha torto invece quando finge un'equanimità che non ha, un'obiettività storica che né lui n(l altri può avere, ha torto quando tra il si e il no si dondola, si tien sulle sue. Il Pellizzi è, per età e per natura, critico assai risentito e personale (che non è certo dire un biasimo); i suoi gusti sono per il cenacolo, il gruppo, la rivista, il clan; e perché allora s'è preso l'impegno di tenere un corso d'univer– sità popolare? A lui il pensiero, l'arte, la poesia piacciono soprat– tutto in laboratorio; gli interessano gli scrittori germinali, non gli, va tanto la letteratura che è, quanto quella che si fa. Gli stanno più a cuore, gli dicono di più, Michelstaedter o Ceccardo, scrittori accidentati, che so ? di Marino Moretti, di Grazia Deledda, di Pirandello, di Panzini.. .. scrittori che in qualche modo reggono, stanno. Poiché la sua critica esprime soprattutto desiderii, appetizioni, volontà, se rivolgessimo noi al Pellizzi un aggettivo che gli è caro, e lo chiamassimo critico epico ? Quando più su ho parlato dei molti meriti del libro, e del tanto in– gegno del Pellizzi e della energia della sua critica, non dice.vo tanto per dire. Portato nel suo campo, ricondotto ai suoi limit i, il Pe llizzi, s•e non proprio un ottimo critico, è certo un bravo scrittore. Egli ha fatto suo pro di tutte le idee vive del tempo, la :filosofia, la storia, la politica, la polemica, l'avvenirismo e la tradizione, strapaese e stracittà; ne conosce gli incroci, i compensi, le interferenze; ne sa le illusioni, le male fedi, i .soprusi; e si muove in questo complesso deUe idee e delle polemiche d'oggi con grande libertà. Un più di ardore, un certo eccesso speculativo e teorico, un pizzico di fanatismo idealistico può far sorridere ma non offende. In tutto il libro, circola un sano umorismo .che al Pellizzi viene forse dalla pratica inglese, e, nonostante la gran mole dei sofismi, lo salva dalla noia, dal serioso. E vi si agita un tono di vita, una sanità che piace. ,Sulle interferenze, oggi, tra la politica e l'arte, sulla religione oggi di moda, ecc. il Pellizzi dice cose, chi vorrà ascoltarle, assai sennate. A volte, più che un critico, lo direste un perito, come dicono, un« esperto». Quando, per esempio, parla di teatro, sentite che lui al teatro c'è stato e ci si è divertito; ma « il teatro italiano moderno, a dispetto d'ogni intenzione del critico, va, quasi tutto a fondo per il suo stesso peso : non c'è gran bisogno di siluramenti.» (pag. 97). Sulla poesia dialettale, sui libri delle donne, sulla letteratura pei ragazzi e su dieci altri tèmi frusti, riesce a dir cose nuove; croquis vivi che ~tanno a sé nel mare magno del libro. Questo scrittore che volentieri tira via, se p~i occorre, sa trovare la frase incisiva, l'immagine giusta, l'epigramma. « La critica che dovrebbe essere il portone di accesso al palazzo delle Muse si è fatta nell'Italia nostra così ingombrante e mostruosa e quel p;lazzo invéce cosi piccolo e diruto che direste tuttQ il palazz~ stia ormai per muoversi ed uscire dal suo portone.» (p. 70). Non. è i:Q?,maginenuova, ( BibliotecaGino Bianco

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