Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
C. PELLIZZI, Le lettere italiane del nostro secolo 377 autori, di migliaia di libri, si chiederà : - Ma davvero il Pellizzi li ha letti tutti ? - Per conto mio, non farò certo al PelÌizzi il torto di cre– de,rlo. Da una cosi immane e inutile fatica, egli sarebbe uscito o morto o imbecille; mentre è chiaro che è lì, ben vivo e in gamba. Per conservarsi così, egli deve aver riservato le sue forze di let– tore e di critieo agli scrittori che davvero gli importavano, e che non eran poi molti; a tutti gli altri, moltissimi, ha regalato aggettivi e avv,erbi di lode con tenerezza di cuore e assenza di mente, come chi dica il rosario. Per dirne una, il Pellizzi è riuscito davvero a leggere Il vero re d'Italia del povero Ettore Cantoni ? Ch'io sappia questo libro fu 'promesso ma non fu mai stampato. E perché il Pellizzi insiste in accu– sare nei drammi e persino nelle poesie di Domenico l'umiati, le tracce, le « qualità tecniche)> del capocomico ? Scambia Domenico con Gual– tiero; e fortuna che non s'è avvis.to di Corrado. Non sempre è chiaro il criterio che ha guidato il Pellizzi nell'aggruppare scuole letterarie e scrittori. Gli storici, i critici, i :filologi della cosi detta « scuola storica i> con poco discernimento sono offerti tutti in un mazzo; quei cari mazzi 1;mziali dei contadini; rose, viole, giaggioli, garofani e in mezzo un gi– glio ; pugni negli occhi. Quisquilie, inezie, condonabili facilmente a chi dovette correre die– tro a mille. E talvolta nel Pellizzi par di sentire l'ansare, la spossatezza di questa corsa. C-Osiquando arriva a parlare delle Tre croci di Tozzi: « Quanto di meglio poteva dirsi a proposito di questo libro, è stato detto dai critici; il lettore che voglia farsene un'idea procuri di leggere il libro stesso.» Grazie tante! Ma il libro del Pellizzi non si esaurisce in una rassegna, in un reper– torio, seppure repertorio e rassegna, nella prima metà dell'opera e oltre, prevalgano ; ha a,nche una tesi da dimostrare, ha una dialettica sua : nei confronti dell'ultimo Ottocento, della letteratura « a cavaliere» del se– colo, il libro vuol descrivere « le tendenze culturali oggi più caratteri– stiche», vuole indicare « la letteratura oggi dominante e viva.» Qui le, facoltà del critico, le sue preferenze, i suoi gusti, restano allo scoperto. Il Pellizzi parla chiaro: « Non tutti i viventi sono contemporanei, non tutti i contemporanei viventi»; che val quanto dire che i suoi affini, gli scrittori secondo lui più attuali e moderni, e dunque in qualche modo futuri, i suoi veri contemporanei, il critico ha il diritto di sceglierseli anche fuori della convivenza temporale. Tesi ineccepibile. La scelta del Pellizzi cade su Michelstaedter, su 1Slataper, su Boine, su iSerra, su Cec– cardo Roccatagliata, su Tozzi. A questi cinque morti, siano spalancate le porte del Novecento. E si lasci se mai la porta socchiusa per qualche vivo: Soffici, Palazzeschi, Baldini, Cecchi.. .. Ma sia chiaro, in tutte lettere: « La nostra conclusione è questa, che il più vivo novecentismo è ancora da cercarsi fra i precursori della scuola :fiorentina dell'anteguerra. » A queste parole, quanti nasi che, per meraviglia o per dispetto, si allun– gano ! Qualcuno dirà che il gruppo dei novecentisti s·ecundum Pellizzi è eterogeneo: come farli andare d'accordo quei cinque, o quei nove? Altri osserverà che il principio per cui i propri contemporanei ciascuno se li elegge con libeil'a scelta nel tempo, può essere ancora allargato : per– ché non diphiarare novecentista, consentaneo cioè alle più vive nostre • I BibliotecaGino Bianco
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