Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
F. BURZIO, Ritratti 371 ------------ sprizzano dalla rupe concettuale, fecondando oasi di comiche digres– sioni, e di piacevoli eccessi. Non sono le risorse dello stile (che egli era anzi scrittore aspro e faticoso): è la punta delle idee, sopratutto la' spregiudicate~za e la causticità dei sentimenti. Ricorda quei mitici signori anoien régime, gente più di spada che di penna, i quali espri– mevano in un francese approssimativo i propositi più eterodossi. » Le note sulle Origines de la bourgeoisie en Franoe del Groethuysen, e sul Borghese di Sombart, ispirate alle fondamentali preoccupazioni sociali e morali del Bu'rzio, pensoso dei destini dello spirito moderno e della civiltà capitalistica, sono anch'esse assai significative e calzanti. Ma a dimostrare quanto sia sottile il suo fiuto anche nello scoprire e nell'anticipare nuove correnti di pensiero, sviluppi di cultura ancora in fieri, sta l'interessante saggio finale sul libro del Meyerson, De l1expli– -0ation dans les soienoes, dove egli osserva come il lato debole dell'idea– lismo moderno, quello da cui prenderà le mosse una prossima revisione, provocandone la crisi, consiste appunto in una mancata o insufficiente soluzione del probl,ema della Natura, quello stesso attorno a cui tanto si affaticò, ed invano, la mente dello Hegel. In altre parole, il problema del valore conoscitivo della Scienza, negato come si sa dal Croce, sulle orme degli spiritualisti francesi. Anticipazione critica esattissima, tanto più che il Burzio sembra rendersi conto di come una tale obbie– zione non si restringa soltanto alla semplice gnoseologia delle scienze, ma investa lo stesso problema della conoscenza in: generale, esigendo anche questa volta una soluzione idealistica e unitaria che, non più eludendo la formidabile questione, giunga ad una coscienza più ricca e compiuta dell'intera realtà umana; Di solito il Burzio si dimostra compreso di argomenti più imme– diati e terrestri, come sono quelli inerenti alla nostra faticosa vita economica e sociale, sicché difficilmente ci accadrà di vederlo prendere un giorno il volo nel cielo delle idee pure. L'eternità, gli appare av– volta di un delicato velo di nosta.lgia, mistica e poetica, che è bene non sollevare per farne oggetto di' dialettiche speculazioni. La Natura, questo meditativo passeggiatore alla Rousseau, non sa concepirla che permeata della nostra stessa vita umana, volto segreto e pur familiare dello spirito. Nelle pagine dell'Inverno, dove la prosa sale al ritmo, il paesaggio e la stagione si mostrano quasi unicamente a sostenere e a colorire arguti vagabondaggi intellettuali, in cui la riflessione si smar– risce continuamente per ritrovarsi, e le idee accarezzate nella solitudine, ancora implicate nella rete dell'esperienza viva del pensatore, diven– tano oggetto di variazioni scherzose o patetiche. Da quèsto senso fantasioso e poetico della realtà umana, della sua cultura di cose storiche e sociali, e infine da quel suo ottimismo attivo proprid dell'uomo inteso a vivere nella piena immanenza e attualità della storia e a giustificarne e a chiarirne il segreto spirito, è derivata al Burzio l'idea, disegnata nel suo «demiurgo», di un tipo umano superiore dove tale spirito si trovi potenziato, riscattando i suoi stessi eccessi e lati negativi, e trovando finalmente il suo equilibr_io. Insomma, nel campo pratico e morale, qualcosa di simile a quanto ha tentato il Valéry, nel suo campo rigorosamente intellettuale, col suo Signor Teste BibliotecaGino Bianco
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