Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
370 F. BURZIO, Ritra,tti È un lirico del pensiero ? è un moralista ? uno storico ? La diffi– coltà di assegnare il Burzio ad una qualsiasi delle tradizionali cate– O'Oriedi spiriti pensanti non toglie ad ogni modo nulla dell'acuto in– teresse che la sua opera ci desta. Tanto più che egli, come pochi, ha\ una sua fisonomia caratteristica, e, sotto i diversi aspetti .del suo ta– lento l'unità è data da un complesso e coerente sistema ·d'opinioni e di giudi~i. Sia nelle figure di scrittori e di politici disegnate con mano esperta nei Ritratti, sia nelle ironiche divagazioni naturali dell'Inverno,. sia infine nel lungo Discorso sul demiurgo, si esprime il medesimo problema vissuto, che è quello dell'autore stesso e dei suoi rapporti col mondo. Sulla soglia di uno di questi Hbri egli ci indica quali furono i suoi primi maestri : Rousseau, Goethe, Bergson, Croce e Pareto; e se l'accostamento di tali nomi può sulle prime lasciar perplessi, non ab– biamo, che a riferirci a.Ua nostra stessa storia intellettuale per trovarne di assai più contrastanti, se non sempre altrettanto sicuri. Così la commossa autobiografia spirituale tracciata dal Burzio nel saggio dedi– cato appunto a quei maestri ci dà alcune deUe pagine più convincenti ch'egli abbia scritto. Piemontese, nutrito di cultura euro'p,ea come in ogni tempo molti dei suoi corregionali, uomo di scienze esatte e pieno insieme d'acuto inter,esse per i grandi movimenti storici e sociali, la sua formazione non poteva essere più aliena da quella esclusiva conside-, razione del fatto letterario che è, oggi ancora, caratteristica della mag– gior parte dei nostri scrittori. Ciò si rivela anche nel classicismo un po' primitivo delle sue prose liriche, i cui canori abbandoni risentono qua e là di durezze tutte piemontesi, e come di una leggera appros- ' simazione retorica, propria dell'uomo intento a trasferire in immediata forma poetica ciò che forma il nocciolo più umano e ispirato delle sue esperienze morali. , Non è possibile parlare separatamente dei due libri, che appaiono · frutto d'una medesima stagione intellettuale, e a loro volta non fanno che continuare i due aspetti che già conoscevamo, del loro autore : il fine politico del saggio su Giolitti e il viaggiator,e sentimentale di Gi• nevra - Vita Nuova, apportandovi in più il singolare contributo di una predicazione morale eroica e goethiana, diretta a determinare un con– cetto moderno e attivo della «felicità>>. Noi consiglieremmo ad ogni modo il lettore di a,ffrontare prima il libro dei Ritratti, il quale, por– tand?lo nel vivo delle esperienze culturali del Burzio, lo introdurrà meglio nel complesso di idee che, frutto di tali esperienze, lo scrittore ha svolto nel Discorso sitl demiurgo. I « ritratti >> di Machiavelli, di Rousseau di Talleyrand ravvivati da una sottile ironia, sono riusèitissimi, olt;e che aggiorn;ti sui mi– gliori e pi1 recenti studi. Vilfredo Pareto nel suo romitaggio svizzero, Bernard Groethuysen a spasso per i viali cli PontiO'ny colti con pochi tratti incisivi,' durano anch'essi nel ricordo. Ma ~ l;ggano ad esem– pio, pe,r rendersi conto delle facoltà interpretative del Burzio queste righe sulla personalità stilistica dello stesso Pareto : « Ad ogni' istante, inquadrati in un disegno sintetico di cui l'avvenire non farà che mo– strare di meglio in meglio le grandi linee (pur se poco o molto vi sarà di caduco), il più invasato spirito polemico, le uscite più stravaganti BibliotecaGino Bianco
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