Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929

F. BURZIO, Ritratti 369 Senza contare che anche questa volta, come nelle bellissime pagine napoletane di Se la luna mi porta fortuna) qualche episodio supera il solito carattere di «pezzo» e di battuta, e sviluppa il suo disegno fino alla costruzione di scene comiche di ampio respiro. Notevolissima è quella indiavolata notte di Pontesullago, piena di sparatorie, suoni di campane, processioni, rapimenti e azioni rovinose di pompieri, che si chiude con l'inseguimento tra una macchina schiacciasassi, una scopa– trice, una innaffiatrice, una vettura stile 1830, e un'auto dei pompieri. finché sull'eco sopita di tanto tumulto sorge il sole « che dà alle mon– tagne, un'ombra lunga, come se queste, dopo una notte di torpore, si stirassero, risvegliandosi. » Ed ecco qui l'altro Campanile, quello della «Strada»: il Campanile lirico, malinconico, ora sentimentale, ora cinico, spesso d'un umorismo nero che scherza con la morte dei bambini e suscita la visione macabra d'un mondo popolato di scheletri, scrittore fine e fantastico di pezzi di delicata letteratura. Nel suo libro precedente ce n'erano numerosi ed eccellenti; ma, dato il genere del libro e quello che il pubblico se ne attendeva, forse Campanile abusò. Furono scambiati dal pubblico più grosso per momenti, troppo frequenti e distesi, di stanchezza della sua fantasia comica. L'umorista fu danneggiato dal poeta. Qui è stato più sobrio : pochi pezzi, inseriti nel programma al punto giusto, e suonati con la sordina. Ma ottimi : le variazioni sulla malinconia dei laghi, sulle sale d'aspetto delle stazioni, sull'attrazione magnetica del letto, e ,sopratutto la descrizione dei Borghi vaticani. C'è un Campanile di– verso, ma non certo minore. Ci piacerebbe veder la sua opera svilup– parsi anche in questo senso. Non si può passare tutta la vita ad ac– chiappar facezie e a giuocar colle parole. Non si può continuare per un pezzo a far libri col sistema del centone. Si avverte già la stan– chezza del tirar per le lunghe un tal genere di umorismo, in una quan– tità di battute più melense del conveniente, in certe insistenze su una trovata felice che fanno dire che un bel gioco dura poco. Anche Cam– panile dovrà un giorno pensare a cercare un po' più di sostanza per il suo umorismo. E, se non ne troverà, il Campanile numero uno farà bene a chiedere aiuto al Campanile numero due. ARNALDO FRATEJILI. FILIPPO BuRzro, Ritratti. - Ribet, Torino, 1929. L. 10. Discorso sul demiurgo - L'inverno. - RibetJ Torino, 1929. L. 10. Non è semplice definire una figura di scrittore come quella di Fi– lippo Burzio, il quale appartiene ad una famiglia di spiriti assai rara da noi, che appaiono come incerti tra fantasia e pen~ero, e non mostrano di concepire l'uno e l'altra che strettamente legati da un palese, fondo a,utobiografico. Soltanto, quella che a prima vista può parere incertezza, si rivela in seguito come una singolare unità: il pensiero, colto nella sua viva formazione psicologica, non rinuncia a quegli accenti lirici che ne accompagnano sempre la nascita, e ne color~scono ~li . svilup~i. antece– denti alla sua fissazione nelle formule e negli schemi s1stemat1c1. 2( - P@ga10. B1bfioteca G no Bianco

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