Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
258 , M. Moretti goffaggini a iosa; ma q·uell'altro Isti~uto ha be~la fama. ed ~ pe~ suo merito che si vedono am.che per via Laura giovanotti azz1mat1 e for,se un poco boriosi, col tubi1110 e col :fiore all'occhiello. Noi avevamo i sogni dell'arte; quelli avevano la :fisima della diplomazia. Noi avevamo questa assurda aspirazione all'entusiasmo incontenibile delle turbe; quelli no111 ,pensavamo probabilmente che a capitali e corti stram.iere. Ma gli è che noi eravamo degli scal– manati mentre quelli 1seguivainoinappuntabilmente le norme d'u111a maestra di vita ch'eTa la Dea Correttezza; noi eravamo pazzi come si co111viene agli artisti, quelli eran savi come si oonviooe ai diplo– matici che ordisoo111 le trame della felicità universale. No111 ci salutavrumo : non potevamo am.d·ared'accordo. Come fu che venne cosi tardi quell'an1110,forse a gennaio o a febbrajo, questo nuovo aspiram.te alla gloria che aveva varcato amche il limite dell'età regolamootare, che per giuillta em anziano, era vecchio) coi suoi vootiquattro anni sulle ,spalle? Chi era e di dove veniva costui ? Se avessimo allora conosciuto Par,sifal come cono– scevamo suo paidre Lohengr in, perché u111 compagno cantante stava imparamdo i gesti per le romam.ze di Monserrato e del cigno, avremmo poosato che d'improvviso eTa entrato il « puro folle>> in iscuola. Come il puro folle dell:a lirica, egli 1110n temeva il ridicolo, e gli aleggi 1 ava intorno all'arruffio dei capelli alcU111ché di sublime. Goffo soltanto, quel 1suovestito di saia nero, il vestito, della dome– nica, cucito dal sarto paiesano? Dir,ei piuttosto assurdo, am.acro111i– stico ; ché doveva star bene a costui una tu111ichetta:finoal gi111occhio che gli lasciasse 111ude le gambe, e leggeri sandali ai piè; oppure un oopriccioso al;>bigliamento da pezoonte orientale, da pastore erl'amte nell'Asia, no111 escluse le ciocie abruzzesi, per melodiare il canto alla lu111a: Ohe fai tu, luna, in ciel ? Dimmi, che fai, silenziosa luna ? Non sapeva che ver.si, benché vaintasse d'aver recitato amche ter– ribili drammi ooi :filodrammatici del suo paese, istruiti e portati al macello da lui: e pareva che tutti questi versi, di tutti i tempi di tutti i poeti, u111a ,specie d'arsenale poetico della letteratura ita– liana, li avesse cantati :fin dall'infanzia selvaggia su per la fosca romanticher1a dei dirupi, nel cuor 'dei boschi. ove il g·ram Pan non è morto o a traverso la leggiadria delle pinete e delle pinarelle. Tuttavia, a questi scoppi di poesia, a queste generose esplosio 111 i seguivano come misteriose ebetudini e trasognamenti; e allora no~ udìva e no111 dava retta al maestro né c'era modo di farlo salire sul palcoscenico ; o, salito sul .pa~coscenico, metteva le mani im croce BibliotecaGino Bianco
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