Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
362 S. D'AMICO, Tramonto del gmnde attore starlo su questa china, è di « spiegare al popolo», in forma sen_i~li?~ e chiara, le cause e i caratteri della decadenza attuale, e le sue vi-siqih o prevedibili conseguenze. Il libro di Silvio D'Amico, Tramonto del grande attore, provvede egregiamente a questo c6mpito didattico', e per molte ragioni : prima di tutto perché il tema è di quelli che pi~ciono al pub– blico sempre pronto a lasciarsi incuriosire di ciò che riguarda gh at– tori;' poi perché esso si presta a considerare il proble;111adel te_a~ro sotto uno dei suoi aspetti più tipici e nello stesso tempo più probativi; terzo, perché lo scrittore è piacevole, vivace, abile dialettico, tutte doti raris– sime oggi in un vero critico, che si sa ricco di esperienze e pieno di disin– teressato amore per il teatro; infine, perché, se anch'egli pronuncia il suo pereat mundus non tralascia tuttavia di mettere in guardia il let– tore ,profano da un 1 nichilismo esagerato o esclusivo, e le conclusioni alle quali giunge si possono dire ottimistiche. I grandi attori tramontano; non ci sono più grandi attori : questo è uno dei grandi sintomi della grande decadenza del teatro. Ma come e perché tramontano ? Che cosa rappresenta il grande, attore nel gioco delle parti di cui è fatto il teatro ? Si identifica, con il teatro o soltanto con un certo teatro? E la sua fine è prematura, o matura, una disgrazia, una necessità, o semplicemente un fatto naturale? Per tutta risposta Silvio D'Amico ci apre a ventaglio sotto gli occhi una bellissima serie di ritratti di alcuni fra i più celebrati attori italiani di questo principio di secolo, che di attori grandi o presunti tali -è stato tutt'altro che povero, dall'ultima Du,se a Ruggero Ruggeri, senza contare fenomeni della sp,:,cie di un Musco o di un Petrolini. Sono le retroguardie un po' stanche dis– sanguate e barcollanti di una schiera gloriosa, hanno tutti i difetti di una tradizione corrotta e decadente, e -anche quèlli, se si vuole, di un'arte non sempre eguale a sé stessa; pure come sono bravi, quante belle emozioni ci hanno date, e come ,sarà difficile dimenticarli! È lecito ripensare con nostalgia, e magari con un fugace rimpianto, a uno Zac– coni in Lambertini o in Pietruccio, a un Ruggeri nel Bosco Sacro o nella Figlia di Jorio; e persino a un De Sanctis in Rabagas. E questo non impedisce che il loro destino sia segnato, e che si debba augurare loro una buona fine. Il destino del grande attore è segnato, perché il teatro in Europa (e in America), e quindi anche in Italia, va verso forme che senza esser quelle del balletto e del cinematografo, escludono tuttavia il grande at– tore; meglio : ne fanno senza. Se si guarda fuori d'Italia, il grande attore infatti è già bello e tramontato. Si combattono fra loro diverse tendenze : quella, ad esempio, che vuole tutto il teatro umilmente asser– vito al poeta drammatico; quella che al contrario _vuole tutto il teatro, e in prima linea il poeta, sottomesso al supremo arbitrio del mettinscena (il corago di, Bragaglia, il :rp.aestro di. scena di D'Amico); altre ancora, ma tutte, escludono il grande attore. Si possono trovare anche fuori d'Italia mattatori come i nostri, ma, come i nostri sono del numero dei sopravvi_ssuti. Pi~ facil~ è incontrare maestri di s~ena, come Baty, Co– peau, P1toef, Tairof, Piscator, da contrapporre ai nostri Talli Nicco– demi, Bragaglia. Questi sono i nuovi mattatori, se è lecito chiamarli così; ed essi si identificano con il nuovo teatro, come il grande attore BibliotecaGino Bianco
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