Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
S. D'AMICO, Tramonto del grande attore 361 j'ai resue du roy, mon mary et mon amy, et le contentement au quel je suis. » Voglio dire che il volume del Rivai va preso per quel che è: una biografia della regina di Navarra vista di scorcio, nei suoi riflessi ro– manzeschi e più avventurosi, dove verità storica, le,ggenda, ricostruzione fantastica si intrecciano e ,si confondono. Difetto ? Ma no. Il Rivai non ha voluto darci un libro di storia, e lo attesta il titolo. La sua « reine Margot » è fino ad un certo punto quella reale. Pure, noi sentiamo che questa in f~ndo c'è, e forse proprio là dove non si sospetterebbe, cioè dove lo ,scrittore, abbandonate le fonti storiche, si è affidato aJll'estro ·-della immaginazione: per esempio, l'amore idillico poetico con Ohamp– vallon, e soprattutto la corsa sfrenata nelle montagne del Cantai sul cavallo di d' Aubiac per sfuggire alle milizie del re di Navarra. Scene ricostruite con la fantasia sì, ma chi ha detto che tutta la storia sia nei -documenti e che qualche brano non possa trarne lo scrittore dal fondo della sua anima, quando il documento ha la freddezza del gelo e dentro una frase vuota si nasconde una pagina di poesia ? ANTONIOPANELLA. SILVIO D'AMICO, Tramonto del grande attore. - Mondadori, Milano, 1929. L. 25. Le sorti del teatro italiano preoccupano un numero sempre prn ri– stretto di persone, da che prevale l'idea che il solo modo di provvedere a,lla sua salvezza sia quello di affoettarne quanto più è possibile la rovina. A tale estremo aderiscono ormai anche spiriti moderatissimi e fonda– mentalmente ottimisti : ed è il risultato dei vani sforzi compiuti negli a,nni scorsi per ottenere con opportune riforme del vecchio e fradicio organismo teatrale ciò che ora si attende dall'azione demolitrice del tempo e dalle sue salutari reazioni. Questi sforzi non furono gran che potenti : più parole che fatti; ma bisogna riconoscere che gli ostacoli nei quali si urtarono sin dal loro principio e l'incomprensione con cui vennero accolti ,eran ta.Ji da dare l'immediata certezza della loro vanità, e brustarono a, soffocare sul nascere ogni entusiasmo e le più risolute .energie. Sta di fatto che la causa del teatro non è popolare in Italia, ed ecco la principale ragione per cui essa non ha progredito di un passo. Man~a un'opinione pubblica preparata ad accogliere e assecondare non soltanto un grande movimento rivoluzionario in questo campo, ma anche ogni tentativo di novità. Persino Anton Giulio Bragaglia, sembra essersene persuaso ormai, se, consumati gli anni migliori e le guance nei suoi famosi sotterranei, ha ceduto ad altri (a un Bragaglia minore) il bastone -del buttafuori, per darsi a scrivere articoli e libri su libri, con la stessa febbre con cui sino a poco tempo fa costruiva le sue scene sintetiche e portava allo sbaraglio di un palcoscenico che aveva tutto l'aspetto d'una barricata i suoi improvvisati autori e attori. Il meglio che si possa dunque fare, in attesa che il teatro tocchi l'ultimo limite dell'auspicato sfacelo o che qualcuno intervenga, ad arre- BibliotecaGino Bianco
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