Pègaso - anno I - n. 9 - settembre 1929
I M. CROISET, Eschyle 357 poteva dargli, che, la poesia non progredisce mai : o è poesia o non è; e non c'è altro. I Persiam,i, del 472, che riflettono esperienze tecniche e uso di mezzi tecnici assai meno dell'Orestèa, del 456, sono una grandis– sima opera di poesia, straordinariamente compiuta e perfetta; non certo inferiore a nessuno dei tre drammi dell'Orestèa; oserei dire superiore .alle Eumenidi, che pur riflettono, dice il Croiset, il maggior progresso tecnico a cui Eschilo poté arrivare. E allora ? Allora bisognerà avere il coraggio di dire, anche se possa parere paradossale anche questo, ciò ehe dicemmo su per giù a proposito dell'invenzione: che cioè una tecnica ~cellente può nascondere deficienza di ispirazione; e che in ogni modo .questa e quella sono del tutto estranee tra di loro. Ma è un pregiudizio - secolare : del quale non so se riusciremo mai a liberarci. E così si se– guita a concepire la storia della poesia e delle arti come a onde ricor– renti, coi ~oliti passaggi da inizio a culmine, da culmine a decadenza, e viceversa; e si seguita a dire e a scrivere che Sofocle è l'ideale perfe– zionatore del teatro di Eschilo, e che Euripide ecc. ecc. ecc. Che cos'è tecnica? Una serie di norme relative a quell'ideale di creazione d'arte a cui dovrebbero servire: per es., appunto, alla tra– gedia; naturalmente, alla tragedia tipo, alla tragedia genere letterario, e insomma a quell'idea di tragedia che si è dedotta, se non ::iltro, dalla let– teratura secolare dell'Europa mediterranea; e che è ancora, in sostanza, l'idea di tragedia creata da Aristotele. Ora, se elemento fondamentale -della tragedin, ha da essere l'azione, tutto ciò che ostacola o impedisce eodesta azione sarà difetto; e il progresso della tragedia consiste,rà, nella eliminazione progressiva di codesti ostacoli e impedimenti. Il coro è un impaccio, con quella, sua presenza obbligata e continuata nell'orchestra: eome potevano, in certi casi, i personaggi dell'azione comunicare tra loro segretamente ? E poi, anche ,se, si voglia considerare il coro come un personaggio esso medesimo, non ha mai carattere drammatico, né earattere veruno di veruna specie. La invariabilità e immutabilità della scena è un impaccio : Eschilo s~ ne liberò nelle Eumenidi : raro caso. L'ossequio tradizionale a certe sticomitie e simmetrie di tipo arcaico è un impaccio. Il limitato numero degli attori, prima uno, poi due, poi al massimo tre, è un impaccio. E così avanti. Né si capisce perché una tragedia debba essere giudicata comparandola a questa astrazione di tragedia inesistente. Ma la difficoltà terribile ,è appunto qui. Leggere una poesia non pare più possibile senza riferirsi alle norme di quel tal genere di poesia; vedere, cioè «leggere», una statua una pittura un tempio, non· pare più possibile senza riferirsi o all'anatomii;i, del corpo umano o alla prospettiva o alle forme plastiche dell'architettura clas– sica ecc. E se anche si loda, e dove si loda e si ammira, anche la lode e l'~mmira,zione sono dovute il più delle volte a ossequio tradizionale; senza intelligenza: quando non si è brutalmente schietti come quel tale W<:>o<l di cui parla il Ruskin che proclamò la I estrema bruttezza del San Marco di V,enezia. E così, dicendo Iketidi, dicendo Coefore, di– eendo Edipo Re_, non ta.nto pensiamo a queste opere di poesia singo– larmente quanto pensiamo che sono tragedie: più del loro preciso e unico ndminatore ci prende e seduce il loro denominatòre comune. Pregiudizi innum~revoli di una lunga cultura non superata, classici BibliotecaGino Bianco I
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